Santa Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux)
Profilo Biografico
Opere, pensiero, dottrina di Teresa di Gesù Bambino
Genesi di “Storia di un’anima”
Nel 1895 la sorella Pauline, Madre Agnese di Gesù, allora sua priora, ordinò a Teresa di mettere in iscritto i suoi ricordi. Nacque così il “Manoscritto autobiografico A” redatto quindi quando ancora non era iniziata la prova della fede. Le circostanze del Ms B nascono diversamente: l’8 settembre 1896, Teresa celebra nel segreto del suo cuore il sesto anniversario di vita religiosa e scrive a Gesù una lunga preghiera di ringraziamento (ciò costituirà la seconda parte del Ms B). La sorella Maria le chiede di scrivere una parola su questo ritiro. Teresa le scrive una lettera di due pagine (la prima parte del Manoscritto B) a cui aggiungerà il ringraziamento a Gesù. Seguirà poi la lettera 197 in cui Teresa spiegherà il tutto a Maria. Con il Ms C, Teresa riprende la parabola del “piccolo fiorellino bianco” iniziata quando sua sorella, Madre Agnese di Gesù, era priora. Madre Maria di Gonzaga, cui viene dedicato il manoscritto, ha accolto la Professione religiosa di Teresa: la riconoscenza per Dio e per la priora trabocca e si trasforma in canto. Più che narrare le sue vicende biografiche degli ultimi due anni che le restano (1896-1897), Teresa di Gesù Bambino descrive le sue sorprendenti maturazioni teologali, due in particolare: la sua fede è in un vicolo cieco, minata e assediata dal sospetto abbondantemente seminato dalla cultura atea del razionalismo e scientismo del suo tempo; la pratica “appassionata” dell’amore e della dedizione alle sorelle è la risorsa che apre nuove vie alla fede.
L’insieme di questi tre manoscritti formò quell’opera postuma che prenderà il titolo di Storia di un’anima, libro che ebbe una accoglienza eccezionale, nel quale Teresa racconta la sua vocazione e la semplicità della sua vita. La carmelitana ha chiaramente precisato il suo progetto sin dall’inizio del Manoscritto:
“Mi ha chiesto di scrivere spontaneamente ciò che mi si presentasse al pensiero; non è dunque la mia vita propriamente detta che mi accingo a scrivere, ma i miei pensieri sulle grazie che il buon Dio s’è degnato accordarmi” (Ms A). Anche dopo l’edizione critica i manoscritti venivano riprodotti secondo un ordine cronologico.
Malgrado la sua grande popolarità, già immediatamente successiva alla sua morte, fu soltanto a partire dal 1957 che si cominciò a lavorare alla pubblicazione critica dei suoi scritti, in parte precedentemente ritoccati, anche se non manomessi, da chi ne aveva curato le pubblicazioni. Manipolazioni che in parte snaturavano la vera figura di Teresa accreditandone una immagine più vicina ai canoni dell’epoca, (ritocchi che Teresa stessa aveva autorizzato a compiere qualora Madre Agnese avesse ravvisato qualcosa di contrario all’insegnamento della Chiesa. Anche lei, come Teresa di Gesù e Giovanni della Croce – cfr. prefazione ai loro scritti -, non vuole in nessun modo proporre qualcosa che la Chiesa non approvi e non ratifichi). Tale lavoro di recupero è stato portato a termine nel 1973 con la prima edizione critica detta “del Centenario”. Occorre però dire che i ritocchi apportati da madre Agnese non hanno mai ritoccato o corretto i testi originali di Teresa. Chiunque può verificarlo rifacendosi alla copia fotostatica che di essi è stata curata da p. Francesco di Santa Maria nel 1956. In essi non figura nessun ritocco. In fondo madre Agnese è come se avesse steso una biografia sulla sorella utilizzando i manoscritti di lei, ritoccando idee e concetti della sorella, come farebbe un qualsiasi scrittore. Si potrebbe dire che noi ci troviamo di fronte a Santa Teresa di Gesù Bambino secondo…
A distanza di venti anni da quella prima edizione, nel 1992 esce la nuova edizione critica del centenario in otto volumi delle opere complete di Teresa.
Bibliografia
Edizione Critica delle Opere Complete (1992), fondamentale per un approccio al pensiero di Santa Teresa di Lisieux, comprende i seguenti scritti:
Manoscritto autobiografico A (1895)
Manoscritto autobiografico B (1896)
Manoscritto autobiografico C (1897)
54 Poesie (1893-1897)
21 Preghiere (1884-1897)
266 Lettere (1877-1897)
8 Pie Ricreazioni (1894-1897)
La piccola via
L’insegnamento di Teresa, conosciuto e apprezzato da una innumerevole ormai moltitudine di persone, e in moltissimi luoghi di questa nostra terra, si trova espressa bene in Storia di un’anima, da lei stessa scritta, come abbiamo detto.
Ogni santo, del resto, ha la sua particolare via, inconfondibile. Nella piccola Teresa di Lisieux la virtù caratteristica è lo spirito d’infanzia, che ha il suo fondamento nelle parole stesse di Cristo: “…se non vi convertirete e non vi farete come bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli; …chi si farà piccolo come questo bambino, quegli sarà il più grande nel Regno dei Cieli!” (Matteo)
In effetti ciò che colpisce nella vita, negli scritti, nella santità di Teresa, è questo spirito d’infanzia, da cui essa fu profondamente animata. Esso si concreta in sentimenti tenerissimi di umiltà, di confidenza, di amore e di totale abbandono nelle mani di Dio.
Seguendo lo schema indicato da Pio XI, nel suo discorso pronunciato nel 1923 per l’approvazione dei miracoli della Santa, viene detto bene e chiaramente: “L’umiltà, la dolce e sincera umiltà del cuore, la fedeltà ai doveri del proprio stato, la disponibilità a tutti i sacrifici, l’abbandono fiducioso nelle mani e nel cuore di Dio e, soprattutto, la carità sincera, il reale amore verso Dio, la vera tenerezza verso Gesù Cristo, rispondente alla tenerezza ch’Egli ci ha testimoniato… è questa la via che, senza raggiungere le altezze alle quali il Signore ha condotto Teresa, è non solamente possibile, ma facile a tutti noi…”.
Cronologia
Beato transito
Beato transito di Santa Teresa di Gesù Bambino, dottore della Chiesa e patrona delle missioni
Premessa
Nel testo che abitualmente, in Italia, è conosciuto con il titolo di “Novissima Verba”, vengono raccolte, dalla sorella Madre Agnese di Gesù, le parole di Teresa, gravemente ammalata prima, e in fase di spegnersi poi. Si delinea così l’ultima tappa dell’itinerario verso Dio: la passione di Teresa.
In conseguenza dell’incalzare lento ma irreversibile della sua malattia, Teresa ormai è stata trasportata in infermeria. I dati del Carnet Jaune (il taccuino giallo usato da Madre Agnese per trascrivere i pensieri di Teresa) sono molto scarsi, tuttavia lasciano trasparire che permane la tosse insistente, soprattutto notturna.
Introduzione
L’anno dell’Incarnazione del Signore Nostro Gesù Cristo 1897, il 30 settembre, giovedì, nel monastero delle carmelitane scalze di Lisieux in Francia, suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo entra nella vita, cominciando così quella che definiva la sua propria missione: “…fare amare il buon Dio come lo amo io, offrire la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudisce i miei desideri, trascorrerò il mio cielo sulla terra fino alla fine del mondo. Sì, voglio trascorrere il mio cielo a fare del bene sulla terra… Ritornerò… Discenderò… – la sua audacia non conosce più limiti -. Bisognerà che il buon Dio faccia tutte le mie volontà in cielo, perché io non ho mai fatto la mia volontà sulla terra”.
Mercoledì 29 settembre
Fin dal mattino Teresa sembrava in agonia: aveva un rantolo molto penoso e non poteva più respirare. Venne chiamata la Comunità che si riunì intorno al suo letto per recitare le preghiere del Manuale. Dopo circa un’ora la Priora congedò le suore.
A mezzogiorno, ella chiese alla Priora: “Madre, è l’agonia?… Come farò per morire? Non saprò mai morire!”
Le lessi ancora alcuni passi dell’Ufficio divino di San Michele e le preghiere degli agonizzanti in francese. Quando si parlò dei demoni, ebbe un gesto infantile come per minacciarli e esclamò sorridendo: Oh! Oh! Con un tono che voleva dire: non ho paura.
Dopo la visita del dottore, disse alla Priora: “È per oggi, Madre?” “Sì, figlia mia.”
Una di noi disse: “Dio è molto contento oggi”. “Anch’io! Se morissi subito, che felicità! Quando soffocherò del tutto!… Non ne posso più! Pregate per me! Gesù! Maria! …Sì! Voglio, voglio proprio…”
Era arrivata suor Maria della Trinità. Teresa, dopo qualche istante e molto gentilmente, la pregò di ritirarsi. Quando se ne fu andata, le dissi: “Povera piccola! Ti ama tanto!”.
“È stata una sgarbatezza l’averla mandata via?”
E il suo volto assunse un’espressione di tristezza, ma la rassicurai molto presto.
(Ore 6). Una specie di insetto si era introdotto nella sua manica. La tormentavamo per tirarlo fuori.
“Lasciate, non fa niente.” “Ma sì, la pungerà.” “No, lasciate, lasciate, vi dico che conosco quelle bestioline.”
Avevo un violento mal di testa e, mio malgrado, chiudevo gli occhi mentre la guardavo.
“Tu fai la nanna… e io pure!” Ma non potevo dormire e mi disse: “O Madre mia, quanto fanno male i nervi!”
Durante la ricreazione della sera. “…Ah! Se tu sapessi!” (Se tu sapessi quanto soffro).
“Vorrei sorriderti sempre e ti volto la schiena! Ti dispiace?” (Eravamo durante il silenzio).
Dopo Mattutino quando la Priora venne a vederla, aveva le mani giunte e disse con voce dolce e rassegnata.
“Sì, mio Dio, sì mio Dio, voglio proprio tutto!…”
“È dunque atroce quanto soffri?” domandò Nostra Madre. “No, Madre, non atroce, ma molto, molto… esattamente quello che posso sopportare.”
Chiese di rimanere sola durante la notte, ma la Priora non volle. Suor Maria del Sacro Cuore e suor Genoveffa condivisero questa grande consolazione. Io restai nella cella, vicinissima all’infermeria, che si affaccia sul chiostro.
Giovedì 30 settembre 1897, giorno della sua preziosa morte
Durante la Messa rimasi vicina a lei. Non proferì parola. Era sfinita, ansante; le sue sofferenze, lo indovinavo, erano inesprimibili. Ad un certo punto, congiunse le mani e guardando la statua della Santa Vergine disse:
“Oh! L’ho pregata con un fervore! Ma è l’agonia pura, senza alcuna traccia di consolazione!”
Le dissi qualche parola di compassione e di affetto e aggiunsi che mi aveva molto edificato nel corso della sua malattia.
“E tu, quante consolazioni mi hai dato! Ah! Sono proprio grandi!”
Per tutta la giornata, senza un istante di tregua, rimase, si può asserirlo senza esagerazione, tra veri tormenti. Sembrava allo stremo delle forze e, tuttavia, con nostra grande sorpresa, poté muoversi e sedersi sul letto. Ci disse:
“Vedete quanta forza ho oggi! No, non sto per morire! Ne ho ancora per dei mesi, forse per degli anni!”
“E se Dio lo volesse – domandò la Priora – l’accetteresti?” Cominciò a rispondere nella sua angoscia: “Bisognerebbe proprio…”
Ma, riprendendosi subito, con accento di sublime rassegnazione, ricadendo sui cuscini disse: “Certo che lo voglio!”
Ho potuto raccogliere queste esclamazioni, ma è proprio impossibile renderne l’accento:
“Non credo più alla morte per me… Non credo più che alla sofferenza… Ebbene, tanto meglio! O mio Dio! Io amo il buon Dio! O Santa Vergine, vieni in mio soccorso! Se questa è l’agonia, che cosa è la morte?!… Ah! Mio buon Dio!… Sì, egli è buono, lo trovo molto buono…”
Guardando la statua della Santa Vergine: “Tu sai che soffoco!” E a me: “Se tu sapessi che cosa significa soffocare!”
“Dio ti aiuterà, povera piccola, e sarà ben presto finito.” “Sì, ma quando? Mio Dio, abbi pietà della tua povera piccola figlia! Abbi pietà!”
A Nostra Madre: “Madre, le assicuro che il calice è pieno fino all’orlo!… Ma il buon Dio non mi abbandonerà, certamente… Non mi ha mai abbandonato. Sì, mio Dio, tutto quello che vuoi, ma abbi pietà di me! Sorelline! Sorelline, pregate per me! Oh! Sì, tu sei buono! Io lo so…”
Dopo i Vespri, la Priora posò sulle sue ginocchia un’immagine di Nostra Signora del Monte Carmelo. La guardò un momento e, quando la Priora l’assicurò che ben presto avrebbe accarezzato la Santa Vergine come Gesù Bambino su quell’immagine, esclamò:
“O Madre, mi presenti subito alla Santa Vergine, sono un bebè che non ne può più!… Mi prepari a morire bene!”
La Priora le rispose che, avendo sempre compreso e praticato l’umiltà, la sua preparazione era fatta. Rifletté un istante e pronunciò umilmente queste parole:
“Sì, mi sembra di non aver cercato altro che la verità; sì, ho compreso l’umiltà del cuore… Mi sembra di essere umile.”
Ripeté ancora: “Tutto quello che ho scritto sui miei desideri di sofferenza. Oh! È proprio vero! Non mi pento di essermi abbandonata all’Amore!”
Con insistenza: “Oh! No, non mi pento, al contrario!”
Un poco più tardi: “Non avrei mai creduto che fosse possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarmelo che con i desideri ardenti che ho avuto di salvare le anime.”
Verso le 17, mi trovavo da sola vicina a lei. Il suo volto cambiò tutto ad un tratto: compresi che era l’ultima agonia. Quando la Comunità entrò in infermeria, ella accolse tutte le suore con un dolce sorriso. Teneva il suo Crocifisso e lo guardava costantemente.
Per più di due ore un rantolo terribile le scosse il petto. Il volto era congestionato, le mani violacee, i piedi ghiacciati e tremava in tutte le membra. Un sudore abbondante imperlava di gocce enormi la fronte e scorreva sulle guance. Era in un’oppressione sempre crescente e gettava talvolta, per respirare, dei piccoli gridi involontari.
Durante tutto questo tempo così doloroso per noi, si sentiva alla finestra, e ne soffersi molto, tutto un cinguettio di pettirossi e di altri uccellini, ma così forte, così vicino e così a lungo! Pregavo Dio di farli tacere: questo concerto mi trapassava il cuore e avevo paura che affaticasse la nostra piccola Teresa.
Ad un certo punto sembrò avere la bocca così riarsa che suor Genoveffa, pensando di darle sollievo, le pose sulle labbra un pezzettino di ghiaccio. Lo accettò facendole un sorriso che non dimenticherò mai. Era come un supremo addio.
Alle 18, quando suonò l’Angelus, guardò a lungo la statua della Santa Vergine. Infine, alle 19 e qualche minuto, poiché la Priora aveva congedato la Comunità, sospirò:
“Madre! Non è ancora l’agonia?… Non sto morendo?…” “Sì, povera piccola, è l’agonia, ma il buon Dio vuole prolungarla di qualche ora!”
Ella riprese con coraggio: “Va bene!… Avanti!… Avanti!… Oh! Non vorrei soffrire per meno tempo…”
E guardando il suo Crocifisso: “Oh! Io l’amo!… Dio… ti amo!…”
Improvvisamente, dopo aver pronunciato queste parole, cadde dolcemente all’indietro, con la testa inclinata a destra. La Priora fece velocemente suonare la campana dell’infermeria per chiamare la Comunità.
“Aprite tutte le porte”, disse nel contempo. Queste parole avevano un tono solenne e mi fecero pensare che in Cielo anche Dio le dicesse ai suoi Angeli.
Le sorelle ebbero il tempo di inginocchiarsi intorno al letto e furono testimoni dell’estasi della piccola santa morente. Il volto aveva ripreso il colore del giglio che aveva in piena salute, gli occhi erano fissi in alto, brillanti di pace e di gioia. Faceva certi graziosi movimenti con la testa, come se Qualcuno l’avesse divinamente ferita con una freccia d’amore e poi la ritirasse per ferirla ancora…
Suor Maria dell’Eucaristia si avvicinò con una candela per vedere più da vicino il suo sublime sguardo. Alla luce della fiamma, non apparve nessun movimento sulle palpebre. Questa estasi durò all’incirca lo spazio di un Credo e poi Teresa rese il suo ultimo respiro.
Dopo la morte, conservò il suo celeste sorriso. Era di una bellezza che rapiva. Teneva così stretto il Crocifisso che bisognò strapparglielo dalle mani per seppellirla. Suor Maria del Sacro Cuore ed io compimmo questo ufficio insieme a suor Amata di Gesù e rilevammo allora che non dimostrava più di dodici o tredici anni.
Le membra rimasero flessibili fino all’inumazione, il lunedì 4 ottobre 1897.
Come viveva
Come viveva Teresa al Carmelo
Ventiquattr’ore al Carmelo
Come si presentava all’epoca della “piccola suor Teresa” la giornata della carmelitana nel monastero di Lisieux? Nonostante qualche piccola differenza tra l’orario estivo, da Pasqua al 14 settembre, e quello invernale, dal 14 settembre a Pasqua, la giornata normale è quasi sempre uguale.
Ecco lo svolgimento, secondo le note di suor Genoveffa:
04.45 Alzata
05.00 Orazione
06.00 Ore minori: Prima, Terza, Sesta, Nona
07.00 Messa e ringraziamento (la domenica alle 08.00)
08.00 Colazione: zuppa (niente nei giorni di digiuno)
Lavoro
09.50 Esame di coscienza
10.00 Pranzo
11.00 Ricreazione (le suore di turno rigovernavano per circa mezz’ora)
12.00 Silenzio (riposo, tempo libero)
13.00 Lavoro
14.00 Vespri
14.30 Lettura spirituale (o incontro tra le novizie in noviziato)
15.00 Lavoro
17.00 Orazione
18.00 Cena
18.45 Ricreazione (rigovernare)
19.40 Compieta
20.00 Silenzio (tempo libero, come a mezzogiorno)
21.00 Mattutino e Lodi (dura da un’ora e un quarto a un’ora e quaranta, a seconda delle feste)
Esame di coscienza (dieci minuti)
Lettura del tema per l’orazione del giorno seguente
22.30/23.00 Riposo
Il 14 settembre, con l’inizio dell’orario invernale, l’alzata è posticipata di un’ora, come pure tutte le attività del mattino, fino alla ricreazione compresa. Il riposo è soppresso e a partire dalle 13.00 si segue lo stesso orario dell’estate.
Si hanno quindi sei ore e mezza di preghiera (due ore di orazione mentale e quattro e mezza per la messa e l’ufficio corale), mezz’ora di lettura spirituale, circa cinque ore di lavoro, due ore di ricreazione comunitaria, quarantacinque minuti per il pranzo e trenta per la cena, in silenzio, ascoltando la lettura, un’ora di tempo libero prima di mattutino, sei ore di sonno in estate, completate dalla siesta facoltativa di un’ora, e sette ore continue d’inverno.
Il regime alimentare
Ecco qualche cenno sulla dieta del Carmelo di Lisieux al tempo di Teresa. La regola del Carmelo prescrive l’astinenza perpetua dalla carne, ma ne autorizza l’uso in caso di malattia o di necessità. Il pane costituisce la base dell’alimentazione, che include anche molti latticini e farinacei. I pasti sono distribuiti nel modo seguente:
a) regime estivo senza digiuno
Dopo la messa, verso le 8, zuppa densa, che si mangia in piedi al proprio posto, accanto al tavolo.
Pranzo alle 10: pesce o uova, porzione abbondante di verdura, dessert (formaggio o frutta); le porzioni sono preparate in anticipo nei piatti di terracotta.
Alla sera alle 18.00: zuppa, verdura, dessert. Non si mangia tra un pasto e l’altro; si può bere alle 15.00 e dopo mattutino. Alcune suore trovavano questo regime, che prevede due pasti durante la mattinata a due ore di distanza, più pesante del digiuno.
b) Digiuno dell’Ordine
A colazione niente.
Pranzo alle 11.00: zuppa; il resto come sempre.
Spuntino alle 18.00: pane pesato (in media 7 once, circa 215 grammi), burro o formaggio, frutta, a volte marmellata. Niente di caldo, né brodo né zuppa.
c) digiuno della Chiesa (quaresima, quattro tempora e vigilie)
A colazione niente.
Pranzo 11.30: come nei giorni di digiuno dell’Ordine, escludendo uova e latticini; le vivande sono bollite o fritte.
Spuntino alle 18.00: sei once di pane, niente marmellata, frutta cruda o secca (mele, fichi, prugne secche, noci).
Teresa non ha digiunato prima dei ventun anni (gennaio 1894); ha praticato l’astinenza dalle carni, eccetto nei periodi di malattia.
Come invocarla
Atto d'offerta all'Amore Misericordioso
Atto d’offerta all’Amore Misericordioso
Possediamo tre autografi dell’Atto d’Offerta, il primo è stato scritto tra il 9-11 giugno 1895, con una scrittura molto accurata e alcune parole evidenziate. Teresa lo portava sul cuore.
Racconta suor Genoveffa: “Era il 9 giugno, giorno della Festa della SS. Trinità, uscendo dalla Messa, con lo sguardo tutto infiammato, respirando un santo entusiasmo, Teresa mi trascinò senza proferire parola da Nostra Madre, allora era suor Agnese di Gesù. Le raccontò, davanti a me, come si era offerta Vittima di Olocausto all’Amore misericordioso, chiedendole il permesso di consacrarci insieme. Nostra Madre, troppo occupata in quel momento, permise senza comprendere troppo di che cosa si trattava. Rimasta sola, Teresa mi confidò la grazia che aveva ricevuto e si mise a comporre un atto di offerta che pronunciammo ufficialmente insieme due giorni dopo, l’11 giugno” (Souvenirs intimes, 1909, p 269, testo inedito).
Il testo venne sottoposto al Padre Lemonnier, missionario della Délivrande, che – pur approvandolo – chiese una correzione apportata poi da Teresa. Sostituì infatti “infiniti” con “immensi”.
ATTO D’OFFERTA di me stessa, Vittima d’Olocausto all’Amore Misericordioso di Dio
O Dio! Trinità Beata, desidero Amarti e farti Amare, lavorare per la glorificazione della Santa Chiesa salvando le anime che sono sulla terra e liberando quelle che soffrono in Purgatorio. Desidero adempiere perfettamente la tua volontà e arrivare al grado di gloria che mi hai preparato nel tuo regno, in una parola, desidero essere Santa, ma sento la mia impotenza e ti chiedo, o Dio, di essere tu stesso la mia Santità.
Poiché mi hai amato fino a donarmi il tuo unico Figlio perché fosse mio Salvatore e mio Sposo, i tesori infiniti dei suoi meriti sono miei, te li offro con letizia, supplicandoti di non guardarmi che attraverso il Volto di Gesù e nel suo Cuore ardente d’Amore.
Ti offro anche tutti i meriti dei Santi che sono in Cielo e sulla terra, i loro atti d’Amore e quelli dei Santi Angeli. Infine ti offro, o Beata Trinità, l’Amore e i meriti della Santa Vergine, mia madre, proprio a lei consegno la mia offerta, pregandola di presentartela. Il Suo Divin Figlio, mio Sposo Amato, nei giorni della sua vita mortale, ci disse: “Tutto ciò che domanderete al Padre mio, nel nome mio, Egli ve lo darà!” Sono dunque certa che esaudirai i miei desideri. Lo so, mio Dio, “più vuoi donare, più fai desiderare” (Giovanni della Croce, Lettera 15). Sento nel mio cuore desideri immensi ed è con fiducia che ti domando di venire a prendere possesso della mia anima. Non posso ricevere la Santa Comunione così spesso come lo desidero, ma, Signore, tu non sei l’Onnipotente? Rimani in me, come nel tabernacolo, non allontanarti mai dalla tua piccola ostia.
Vorrei consolarti per l’ingratitudine dei cattivi e supplicarti di togliermi la libertà di dispiacerti; se per debolezza qualche volta cado, all’istante il tuo Sguardo Divino purifichi la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma tutto in se stesso.
Ti ringrazio, mio Dio, per tutte le grazie che mi hai accordato, in particolare per avermi fatta passare per il crogiolo della sofferenza. È con gioia che ti contemplerò nell’ultimo giorno con in mano lo scettro della Croce. Poiché ti sei degnato di farmi partecipe di questa Croce così preziosa, spero in Cielo di rassomigliarti e di vedere brillare sul mio corpo glorificato le sacre stigmate della tua Passione.
Dopo l’esilio della terra, spero di venire a godere di te nella Patria, ma non voglio ammassare meriti per il Cielo, voglio solo lavorare per tuo amore, con l’unico intento di piacerti, di consolare il tuo Sacro Cuore e di salvare anime che ti ameranno eternamente.
Alla sera di questa vita (Giovanni della Croce, Massima 70), mi presenterò davanti a te a mani vuote, non ti chiedo infatti, Signore, di contare le mie opere. Tutte le nostre giustizie sono imperfette ai tuoi occhi (Is 64,6). Voglio quindi rivestirmi della tua stessa Giustizia e ricevere dal tuo Amore il possesso eterno di Te stesso. Non voglio altro trono e altra corona che Te, mio Amato!
Ai tuoi occhi il tempo è nulla, un giorno solo è come mille anni (Sal 89,4), tu puoi quindi, in un istante, prepararmi a comparire dinanzi a te.
Per vivere in un atto di perfetto Amore mi offro Vittima d’Olocausto al tuo Amore Misericordioso, supplicandoti di consumarmi senza sosta, lasciando traboccare nella mia anima i flutti di tenerezza infinita racchiusi in te e così divenga Martire del tuo Amore, mio Dio!
Questo martirio, dopo avermi preparata a comparire dinanzi a te, mi faccia infine morire e la mia anima si slanci, senza ritardi, nell’eterno abbraccio del tuo Amore Misericordioso.
Voglio, mio Amato, ad ogni battito del cuore rinnovarti quest’offerta un numero infinito di volte, fino a che, svanite le ombre, possa dirti di nuovo il mio Amore in un Faccia a Faccia eterno!
Maria Francesca Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, rel. carm. ind.
Festa della Santissima Trinità, 9 giugno dell’anno di grazia 1895.
Teresa, rosa sfogliata
Teresa, rosa sfogliata
Poesia scritta da Teresa il 19 maggio 1897 su richiesta di Madre Enrichetta, del Carmelo di Parigi.
Pochi mistici si sono spinti così lontano come Teresa, ormai minata nel fisico, all’estremo delle sue forze che offre il suo nulla buttandosi sotto i passi di Gesù, in un atto di puro e totale amore. Così la si coglie in questa composizione: non chiede nulla, s’abbandona, è quasi già al di là della morte, si direbbe quasi al di là dell’amore.
Teresa deve ormai rinunciare agli impegni della vita comune uno dopo l’altro… fino ad abbandonare la sua cella per l’infermeria… intuisce che le resta un ultimo atto supremo da assolvere: Io devo morire. Morire dissolvendosi, appassendo, giorno dopo giorno, come una rosa che si sfoglia. Dentro ad una offerta, la più assoluta, senza cura, senza pretese, senz’arte. La sua generosità è pari alla sua delicatezza: che la sua vita così spesa (persa) sia soltanto dolcezza sotto i passi infantili di Gesù Bambino e sotto gli ultimi passi dell’Uomo dei Dolori (allusione al suo nome appunto di Gesù Bambino e del Volto Santo).
Suor Maria della Trinità racconta la genesi di questa poesia di cui Madre Enrichetta del Carmelo di Parigi aveva anche suggerito l’argomento: “Poiché rispondeva ai suoi sentimenti, Suor Teresa vi mise tutto il suo cuore. Madre Enrichetta ne fu molto contenta, solamente mi scrisse che mancava un’ultima strofa che spiegasse che, alla morte, Dio avrebbe raccolto questi petali sfogliati per riformarne una bella rosa che sarebbe brillata per tutta l’eternità. Allora suor Teresa di Gesù Bambino mi disse: “Che la buona Madre faccia lei stessa questa strofa così come l’intende, per me non sono per nulla ispirata a farla. Il mio desiderio è di essere sfogliata del tutto, per gioire di Dio. Punto e basta””.
UNA ROSA SFOGLIATA
Gesù, quando ti vedo sorretto da tua Madre
Lasciar l’appoggio
E trepido tentare su questa arida terra
i primi passi
Davanti a te vorrei una rosa sfogliare
tutta freschezza
Perché il tuo piccol piede soavemente posi
Sopra ad un fiore!…
Questa rosa sfogliata, è immagine fedele
Divino Infante
Del cuor che per te vuol tutto immolarsi intero
Ad ogni istante.
Signore, sui tuoi altari più d’una fresca rosa
Ama brillare
A te essa si dona… Ma d’altra cosa io sogno:
“È di sfogliarmi!…”
La rosa nel suo splendore ti può abbellir la festa
Bambino Amato,
Ma la rosa sfogliata, si disperde senza cura
al capriccio del vento.
Una rosa sfogliata si dà senza pretese
Per più non essere.
Com’essa allegramente a te io m’abbandono
Gesù Piccino.
Con incuria si passa sui petali di rosa
E ciò che resta
Son semplici ornamenti disposti là senz’arte
Io l’ho compreso.
Gesù, per amore tuo la vita ho perso
E l’avvenire
Agli occhi dei mortali come appassita rosa
Devo morire!…
Per te, devo morire, Gesù, Beltà Suprema,
Sorte felice!
Voglio, sfogliandomi, provarti che io t’amo
O mio Tesoro!…
Sotto agl’infantili passi tuoi segretamente
Qui viver voglio
Ed addolcir ancor vorrei sopra al Calvario
Gli estremi passi tuoi!…
SEMPRE A PROPOSITO DI ROSE…
Teresa la santa delle rose?
In una lettera che padre Bellière scrisse a Madre Agnese, includeva un piccolo distintivo di carta con un’immagine del Cuore di Gesù da una parte e, dall’altra, un testo da lui scritto. Si trattava di un distintivo in uso presso gli aderenti alla Associazione Guardia d’onore del Sacro Cuore, alla quale era iscritto padre Bellière.
Il distintivo doveva essere consegnato a Suor Teresa con la quale, pur essendo stato affidato alle sue preghiere, non aveva ancora iniziato a corrispondere, ma con cui intendeva già sigillare con questo segno la loro unione fraterna.
Chiedeva, perciò, che Teresa apponesse all’immagine la sua firma. Cosa che Teresa in effetti farà sul retro dell’immagine.
Il mittente vi ha già scritto: “immagine di unione di carità apostolica e fraterna nei Sacri Cuori di Gesù e di Maria. Firmato: M. Barthélemy-Bellière figlio di M. e G. (Maria e Gesù), A. M. (aspirante missionario). 24 ottobre 1895”.
Sotto gli emblemi abituali del Sacro Cuore, il retro porta impresso il motto: “Non è che amore e misericordia!” (cfr LT 266, p 1281).
Teresa lo firma e lo colloca nel piccolo libro dei vangeli, che porta giorno e notte sul suo cuore. Aprendolo a caso lo sguardo cade su questo versetto: “Sono venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso” (Lc 12,49).
Alla morte di suor Teresa di Gesù Bambino, l’immagine-ricordo è rimandata a padre Bellière. A sua volta, egli apre a caso il Nuovo Testamento e capita esattamente lo stesso versetto (cfr LT 34, 38 e 41). C’è più di una coincidenza fortuita. Da parte di Teresa, così attenta a cogliere e a far concordare questi piccoli segni, compresi dal solo beneficiario, il versetto evangelico ci svela a colpo sicuro il segreto della sua attività missionaria, come di quella di ogni apostolo.
Madre Agnese la sceglie in un primo momento come citazione della prima edizione di Storia di un’Anima (HA 98, p1). La scrive anche sulla croce della prima sepoltura, nell’ottobre 1897, sotto questa forma:
“Che io voglio, o mio Dio – Portare lontano il tuo Fuoco – Ricordati”.
Un’imprudenza del sacrestano pasticcia la pittura fresca. Madre Agnese modifica allora il suo progetto e scrive:
“Voglio passare il mio cielo a fare del bene sulla terra”.
Questo “bene” però non tarda ad essere identificato con i benefici della “pioggia di rose”, con il rischio di far dimenticare che l’annuncio del Vangelo a tutta la terra è il bene più ardentemente desiderato dal cuore missionario di Teresa.
Le sue più belle rose sono di Fuoco.
Le follie di Teresa
I desideri folli di Teresa:
Vorrei essere sacerdote
Essere tua sposa, Gesù, essere Carmelitana, essere, per la mia unione con te, madre delle anime, dovrebbe bastarmi… Ma non è così… Senza dubbio, questi tre privilegi sono proprio la mia vocazione, Carmelitana, sposa e madre, tuttavia sento in me altre vocazioni, sento la vocazione del Guerriero, del SACERDOTE, dell’apostolo, del dottore, del martire. Infine, sento il bisogno, il desiderio di compiere per te, Gesù, tutte le opere più eroiche… Sento nella mia anima il coraggio di un crociato, di uno zuavo pontificio, vorrei morire su di un campo di battaglia per la difesa della Chiesa…
Sento in me la vocazione del SACERDOTE: con quale amore, Gesù, ti porterei nelle mie mani, quando, al suono della mia voce, tu discendessi dal Cielo… Con quale amore ti darei alle anime!… Ma, pur desiderando essere SACERDOTE, ammiro e invidio l’umiltà di San Francesco d’Assisi e mi sento la vocazione di imitarlo, rifiutando la sublime dignità del Sacerdozio.
Gesù! Amore mio, vita mia… come unire questi contrasti? Come realizzare i desideri della mia povera piccola anima? Malgrado la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i profeti, i dottori, ho la vocazione di essere apostolo… vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa. Ma, mio Amato, una sola missione non mi sarebbe sufficiente, vorrei nel contempo annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo e fino alle isole più lontane… Vorrei essere missionaria, non solamente per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo e esserlo fino alla consumazione dei secoli… Ma vorrei soprattutto, mio amato Salvatore, vorrei versare il mio sangue per te fino all’ultima goccia…
Il Martirio, ecco il sogno della mia giovinezza, questo sogno è cresciuto con me nel chiostro del Carmelo… Ma sento ancora che il mio sogno è follia, perché non saprei limitarmi a un genere di martirio. Per soddisfarmi, ci vorrebbero tutti… Come te, mio Sposo Adorato, vorrei essere flagellata e crocifissa… Vorrei morire scuoiata come San Bartolomeo… Come San Giovanni, vorrei essere immersa nell’olio bollente, vorrei subire tutti i supplizi inflitti ai martiri. Con Sant’Agnese e Santa Cecilia vorrei presentare il mio collo alla spada e come Giovanna d’Arco, mia sorella, vorrei sul rogo mormorare il tuo nome, Gesù… Sognando i tormenti che saranno l’eredità dei cristiani al tempo dell’Anticristo, sento il mio cuore trasalire e vorrei che tutti i tormenti mi fossero riservati. Gesù, Gesù, se volessi scrivere tutti i miei desideri, dovrei prendere in prestito il tuo libro della vita, là dove sono riportate tutte le azioni di tutti i Santi e queste azioni vorrei averle compiute io per te…
Da molto tempo avevo un desiderio che mi pareva del tutto irrealizzabile: avere un fratello SACERDOTE. Pensavo spesso che se i miei fratellini non fossero volati in Cielo avrei avuto la felicità di vederli salire all’altare; ma poiché Dio li ha scelti per farne degli angioletti non potevo più sperare di vedere realizzato il mio sogno. Ed ecco che non solo Gesù mi ha fatto la grazia che desideravo, ma mi ha unito con i legami dell’anima a due dei suoi apostoli, che sono divenuti miei fratelli… Voglio, Madre amata, raccontarle in dettaglio di come Gesù ha realizzato il mio desiderio e anche lo ha superato, poiché non desideravo che un fratello SACERDOTE il quale ogni giorno pensasse a me al Santo altare.
Vorrei essere il cuore della Chiesa
È difficile ridire i segreti del Cielo. Teresa vive l’impotenza non dell’artista verso la sublimità del bello, ma del mistico, attonito e stupito dinanzi all’ineffabilità, all’indicibilità dei misteri di Dio.
Sorella, come siamo fortunate di comprendere gli intimi segreti del nostro Sposo! Se tu volessi scrivere tutto quello che ne sai, avremmo delle belle pagine da leggere, ma so che preferisci conservare nel profondo del tuo cuore “i segreti del Re” e poi a me dici: “È onorevole rendere note le opere dell’Altissimo”. Ritengo che hai ragione nel conservare il silenzio, ed è solo per farti piacere che scrivo queste righe. Avverto infatti la mia impotenza nel ridire, con parole terrestri, i segreti del Cielo e, dopo aver scritto pagine e pagine, riterrei di non aver ancora iniziato… Ci sono tanti orizzonti diversi, tante sfumature variegate all’infinito che solo la tavolozza del pittore celeste potrà, dopo la notte di questa vita, fornirmi i colori capaci di dipingere le meraviglie che egli svela all’occhio della mia anima.
Sorella, mi hai chiesto di scriverti il mio sogno e la “mia piccola dottrina”, come tu la chiami… L’ho fatto nelle pagine seguenti, ma così male che mi sembra impossibile che tu possa comprenderlo. Forse troverai esagerate le mie espressioni… Perdonami, è dovuto al mio stile poco gradevole. Ti assicuro che non c’è alcuna esagerazione nella mia piccola anima, tutto è calmo e in riposo…
(Scrivendo, parlo a Gesù, così mi è più facile esprimere i miei pensieri… Ma, ciò non impedisce che siano espressi molto male!)
Un sogno piuttosto strano per una persona come Teresa che asserisce di non annettere molta importanza ai sogni… Ma è un raggio di sole nel buio cupo della prova.
Gesù, mio amato! Chi potrà dire con quale tenerezza, con quale dolcezza tu conduci la mia piccola anima? Come ti piace far scintillare il raggio della tua grazia nel bel mezzo del più cupo temporale!… Gesù, il temporale si abbatteva molto forte sulla mia anima dopo la bella festa del tuo trionfo, la radiosa festa di Pasqua, quando un sabato di maggio, riflettendo sui sogni misteriosi che sono talvolta accordati a certe anime, mi dicevo che doveva essere una ben dolce consolazione, tuttavia non la chiedevo. La sera, contemplando le nubi che coprivano il cielo, la mia piccola anima si diceva ancora che i bei sogni non erano per lei e si addormentò sotto il temporale… L’indomani era il 10 maggio, la seconda domenica del mese di Maria, forse l’anniversario del giorno in cui la Santa Vergine si degnò di sorridere al suo piccolo fiore…
Al primo chiarore dell’alba, mi trovai (in sogno) in una sorta di galleria. C’erano diverse altre persone ma lontane, solo Nostra Madre era vicina a me. Improvvisamente, senza aver visto come fossero entrate, vidi tre Carmelitane con le loro cappe e i grandi veli. Mi sembrava che venissero per Nostra Madre, ma compresi chiaramente che venivano dal Cielo. Nel profondo del cuore gridai: “Come sarei contenta di vedere il volto di una di queste Carmelitane!” Allora, come se la mia preghiera fosse stata da lei udita, la più alta delle Sante avanzò verso di me. Caddi subito in ginocchio. Oh! Felicità! La Carmelitana alzò il velo, o piuttosto lo sollevò, e me ne ricoprì… senza esitazione alcuna riconobbi la Venerabile Madre Anna di Gesù, la fondatrice del Carmelo in Francia. Il suo volto era bello, di una bellezza immateriale, non ne emanava alcun raggio e, malgrado il velo che ci copriva entrambe, vedevo quel volto celeste rischiarato da una luce ineffabilmente dolce, luce che non riceveva, ma che produceva esso stesso.
Non saprei ridire la gioia della mia anima, queste cose si sentono e non si possono esprimere… Parecchi mesi sono passati da questo dolce sogno, tuttavia il ricordo che lascia nella mia anima non ha perduto nulla della sua freschezza, dei suoi incanti celesti. Vedo ancora lo sguardo e il sorriso pieno d’amore della Venerabile Madre. Credo ancora di sentire le carezze di cui mi colmò.
Vedendomi così teneramente amata, osai pronunciare queste parole: “Madre! La supplico, mi dica se Dio mi lascerà a lungo sulla terra… Verrà presto a prendermi?…”. Sorridendo con tenerezza, la Santa mormorò: “Sì presto, presto… Te lo prometto”. “Madre – aggiunsi – mi dica ancora se Dio non mi domanda qualche cosa di più delle povere piccole azioni e dei miei desideri. È contento di me?” Il volto della Santa assunse un’espressione incomparabilmente più tenera della prima volta in cui mi parlò. Il suo sguardo e le sue carezze erano la più dolce delle risposte. Tuttavia mi disse: “Dio non domanda altro da te, è contento, molto contento!” Dopo avermi ancora accarezzata con più amore, come non l’avrebbe mai fatto la più tenera delle madri con suo figlio, la vidi allontanarsi… Il mio cuore era nella gioia, ma mi ricordai delle mie sorelle e avrei voluto domandare qualche grazia per loro, ma mi risvegliai!
Il Cantico delle vocazioni di Teresa: l’amore dilata gli orizzonti e Teresa, come da bimba, vuole tutto. Dalla creazione del mondo, ad ogni epoca della storia, fino alla fine dei secoli: ogni vocazione è racchiusa nell’amore di chi è “piccolo”.
Gesù! Il temporale allora non scrosciava, il cielo era calmo e sereno… credevo, sentivo che c’era un Cielo e che questo Cielo è popolato di anime che mi vogliono bene, che mi considerano come loro figlia… Questa impressione mi rimane nel cuore, tanto più che la Venerabile Madre Anna di Gesù mi era stata fino ad allora assolutamente indifferente. Non l’avevo mai invocata e il suo ricordo non affiorava al mio spirito che sentendone parlare, fatto peraltro raro. Così, quando compresi a qual punto mi amasse, come le ero poco indifferente, il mio cuore si è sciolto d’amore e di riconoscenza, non solo per la Santa che mi aveva visitato ma anche per i Beati del Cielo.
Mio Amato! Questa grazia non era che il preludio di grazie più grandi delle quali mi volevi colmare; lascia, mio unico Amore, che te le ricordi oggi… oggi sesto anniversario della nostra unione… Perdonami Gesù, se sragiono volendo ridire i miei desideri, le mie speranze che raggiungono l’infinito; perdonami e guarisci la mia anima dandole ciò che spera!
Essere tua sposa, Gesù, essere Carmelitana, essere, per la mia unione con te, madre delle anime, dovrebbe bastarmi… Ma non è così… Senza dubbio, questi tre privilegi sono proprio la mia vocazione, Carmelitana, sposa e madre, tuttavia sento in me altre vocazioni, sento la vocazione del Guerriero, del prete, dell’apostolo, del dottore, del martire. Infine, sento il bisogno, il desiderio di compiere per te, Gesù, tutte le opere più eroiche… Sento nella mia anima il coraggio di un crociato, di uno zuavo pontificio, vorrei morire su di un campo di battaglia per la difesa della Chiesa…
Sento in me la vocazione del prete: con quale amore, Gesù, ti porterei nelle mie mani, quando, al suono della mia voce, tu discendessi dal Cielo… Con quale amore ti darei alle anime!… Ma, pur desiderando essere prete, ammiro e invidio l’umiltà di San Francesco d’Assisi e mi sento la vocazione di imitarlo, rifiutando la sublime dignità del Sacerdozio. Ges&ugarve;! Amore mio, vita mia… come unire questi contrasti? Come realizzare i desideri della mia povera piccola anima? Malgrado la mia piccolezza, vorrei illuminare le anime come i profeti, i dottori, ho la vocazione di essere apostolo… vorrei percorrere la terra, predicare il tuo nome e piantare sul suolo infedele la tua Croce gloriosa. Ma, mio Amato, una sola missione non mi sarebbe sufficiente, vorrei nel contempo annunciare il Vangelo nelle cinque parti del mondo e fino alle isole più lontane… Vorrei essere missionaria, non solamente per qualche anno, ma vorrei esserlo stata fin dalla creazione del mondo e esserlo fino alla consumazione dei secoli… Ma vorrei soprattutto, mio amato Salvatore, vorrei versare il mio sangue per te fino all’ultima goccia…
Il Martirio, ecco il sogno della mia giovinezza, questo sogno è cresciuto con me nel chiostro del Carmelo… Ma sento ancora che il mio sogno è follia, perché non saprei limitarmi a un genere di martirio. Per soddisfarmi, ci vorrebbero tutti… Come te, mio Sposo Adorato, vorrei essere flagellata e crocifissa… Vorrei morire scuoiata come San Bartolomeo… Come San Giovanni, vorrei essere immersa nell’olio bollente, vorrei subire tutti i supplizi inflitti ai martiri. Con Sant’Agnese e Santa Cecilia vorrei presentare il mio collo alla spada e come Giovanna d’Arco, mia sorella, vorrei sul rogo mormorare il tuo nome, Gesù… Sognando i tormenti che saranno l’eredità dei cristiani al tempo dell’Anticristo, sento il mio cuore trasalire e vorrei che tutti i tormenti mi fossero riservati. Gesù, Gesù, se volessi scrivere tutti i miei desideri, dovrei prendere in prestito il tuo libro della vita, là dove sono riportate tutte le azioni di tutti i Santi e queste azioni vorrei averle compiute io per te…
Le “follie” incitano Teresa, la rendono audace contando solo sulla sua impotenza, sul suo niente che la sospinge verso l’alto a trovare la sua vocazione in un inno di gioia.
Gesù! Che cosa risponderai a tutte le mie follie?… Esiste un’anima più piccola, più impotente della mia? Tuttavia, a motivo della mia debolezza, ti è piaciuto Signore, di colmare i miei piccoli desideri infantili, e tu vuoi oggi esaudire altri desideri, più grandi dell’universo…
Poiché all’orazione i miei desideri mi facevano soffrire un vero martirio, aprii le lettere di San Paolo per cercarvi qualche risposta. I capitoli 12 e 13 della prima lettera ai Corinzi mi caddero sotto gli occhi… Lessi, nel primo, che tutti non possono essere apostoli, profeti, dottori, ecc…, che la Chiesa è composta da differenti membra e che l’occhio non potrebbe essere nello stesso tempo la mano.
La risposta era chiara ma non colmava i miei desideri, non mi dava la pace… Come Maddalena chinandosi di continuo sulla tomba vuota finì per trovare Colui che cercava, così io, abbassandomi fino alle profondità del mio niente, mi elevai così in alto da poter raggiungere il mio scopo… Senza scoraggiarmi continuai la mia lettura e questa frase mi confortò: “Cercate con ardore i doni più perfetti, ma io voglio mostrarvi una via più eccellente”. E l’Apostolo spiega come tutti i doni più perfetti non sono nulla senza l’Amore… Che la Carità è la via eccellente che conduce certamente a Dio. Finalmente avevo trovato il riposo… Considerando il corpo mistico della Chiesa, non mi ero riconosciuta in nessuno dei membri descritti da San Paolo o, piuttosto, volevo riconoscermi in tutti… La Carità mi diede la chiave della mia vocazione. Compresi che, se la Chiesa aveva un corpo, composto da differenti membra, il più necessario, il più nobile di tutti non le mancava: compresi che la Chiesa aveva un cuore, e che questo cuore bruciava d’Amore. Compresi che l’Amore solo faceva agire le membra della Chiesa, che, se l’Amore si fosse spento, gli Apostoli non avrebbero più annunciato il Vangelo, i Martiri avrebbero rifiutato di versare il loro sangue… Compresi che l’Amore racchiudeva tutte le Vocazioni, che l’Amore era tutto, che abbracciava tutti i tempi e tutti i luoghi… in una parola che è Eterno!…
Allora, nell’eccesso della mia gioia delirante, gridai: Gesù, Amore mio… la mia vocazione finalmente l’ho trovata, la mia vocazione è l’Amore!…
Sì, ho trovato il mio posto nella Chiesa e questo posto, mio Dio, sei tu che me lo hai dato… nel Cuore della Chiesa, mia Madre, io sarò l’Amore… così sarò tutto… così il mio sogno sarà realizzato!!!…
La preghiera sacerdotale di Teresa
La preghiera sacerdotale di Teresa
Un mezzo semplice per un’anima semplice: “Attirami, noi correremo”. Dalla preghiera sacerdotale di Teresa, ora vicina alla sua sera, trapela tutta la sua audacia.
Da quando ho due fratelli e le mie giovani sorelle Novizie, se volessi domandare per ogni anima quanto ha bisogno e lo dettagliassi bene, le giornate sarebbero troppo brevi e temerei molto di dimenticare qualche cosa d’importante. Le anime semplici non hanno bisogno di mezzi complicati. Poiché appartengo a questo numero, un mattino durante il ringraziamento, Gesù mi ha dato un mezzo semplice per adempiere la mia missione. Mi ha fatto comprendere questa parola del Cantico dei Cantici: “Attirami, noi correremo all’odore dei tuoi profumi”. O Gesù, non è dunque neppure necessario dire: “Attirandomi, attira le anime che amo”. Questa semplice parola: “Attirami” è sufficiente. Signore, lo comprendo, quando un’anima si è lasciata catturare dall’odore inebriante dei tuoi profumi, non potrebbe correre da sola, tutte le anime che ama sono attirate sulla sua scia. Lo si fa senza costrizione, senza sforzo, è una conseguenza naturale della sua attrazione verso di te. Come un torrente che si getta con impeto nell’oceano e travolge tutto quanto incontra sul suo passaggio, così, Gesù, l’anima che si tuffa nell’oceano senza rive del tuo amore attira con sé tutti i tesori che possiede… Signore, tu lo sai, non ho altri tesori tranne le anime che ti è piaciuto unire alla mia: questi tesori, sei stato tu ad affidarmeli. Anch’io oso fare mie le parole che hai rivolto al Padre Celeste l’ultima sera che vivesti sulla terra, pellegrino e mortale. Gesù, mio Amato, non so quando il mio esilio finirà… più di una sera mi deve ancora vedere cantare nell’esilio le tue misericordie, ma infine, anche per me verrà l’ultima sera. Allora vorrei poterti dire, o mio Dio: “Ti ho glorificato sulla terra; ho adempiuto l’opera che mi hai affidato; ho fatto conoscere il tuo nome a coloro che mi hai dato: erano tuoi, e tu me li hai dati. Ora, conoscono che tutto quanto mi hai donato viene da te; perché ho comunicato loro le parole che tu mi hai comunicato, le hanno ricevute e hanno creduto che mi hai mandato tu. Prego per coloro che tu mi hai dato perché sono tuoi. Io non sono più nel mondo, ma loro ci sono e io ritorno a te. Padre Santo, conserva nel tuo nome coloro che mi hai dato. Ora vengo a te, ed è perché la gioia che viene da te sia perfetta in loro, che dico queste cose ora che sono nel mondo. Non ti prego di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal male. Essi non sono del mondo, come io pure non sono del mondo. Non è soltanto per loro che prego, ma anche per quelli che crederanno in te per quanto avranno sentito dire. Padre mio, spero che dove io sarò, ci saranno pure coloro che tu mi hai dato e che il mondo sappia che tu li hai amati come hai amato me”.
Sì, Signore, ecco quello che vorrei ripetere dopo di te, prima di volare fra le tue braccia. È forse temerarietà? No, da molto tempo mi hai permesso di essere audace con te, come il padre del figlio prodigo parlando al figlio maggiore, tu mi hai detto: “Tutto quello che è mio è tuo”. Le tue parole, Gesù, sono dunque mie e posso servirmene per attirare sulle anime che mi sono unite i favori del Padre Celeste. Ma, Signore, quando dico che dove io sarò desidero siano quelli che mi sono stati dati da te, non pretendo che non possano arrivare a una gloria più elevata di quella che ti piacerà darmi. Voglio semplicemente domandare che un giorno noi siamo tutti riuniti nel tuo bel Cielo. Tu lo sai, o mio Dio, non ho mai desiderato altro che amarti, non ambisco altra gloria. Il tuo amore mi ha prevenuto fin dall’infanzia, è cresciuto con me, e ora è un abisso di cui non posso sondare la profondità. L’amore attira l’amore, per questo, mio Gesù, il mio si slancia verso di te, vorrebbe colmare l’abisso che lo attira, ma purtroppo non è che una goccia di rugiada perduta nell’oceano!… Per amarti come bisogna amarti, è necessario che faccia mio il tuo stesso amore, solo allora troverò il riposo. Gesù, forse è un’illusione, ma mi sembra che tu non possa colmare un’anima di amore più di quanto tu abbia colmato la mia: per questo oso domandarti di amare coloro che tu mi hai dato come tu hai amato me. Un giorno, in Cielo, se scoprirò che tu li ami più di me, me ne rallegrerò, riconoscendo fin d’ora che queste anime meritano il tuo amore ben più di me. Ma, qui in terra, non posso concepire una più grande immensità d’amore di quella che a te è piaciuta prodigarmi gratuitamente senza alcun merito da parte mia.