30 SETTEMBRE
San Girolamo, sacerdote e dottore della chiesa
30 settembre 1568
Juan de Santo Matía parte da Rio de Olmos per la fondazione di Duruelo. Approfittando della permanenza provvisoria delle monache a Rio de Olmos con la conseguente libertà della clausura poté godere di un momento provvidenziale per la messa a punto con Teresa di Gesù del progetto della Riforma. Teresa racconta: «Siccome restammo alcuni giorni senza clausura a causa degli operai che lavoravano per adattare la casa al bisogno, ebbi l’opportunità di informare padre Giovanni della Croce di tutto lo stile della nostra vita, in modo che conoscesse a fondo ogni nostra pratica, sia riguardo alla mortificazione, sia alla forma di fraternità e di ricreazione che avevamo in comune» (Fondazioni 13,5). Juan de Santo Matía dopo aver trascorso il suo breve ma intenso apprendistato di stile teresiano parte per riadattare la cascina di Duruelo.
30 settembre 1627
Ad Aleppo in Siria fondazione della nostra Missione sotto il titolo della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo, ad opera di Prospero dello Spirito Santo. Il padre mentre nel 1624 ritornava dalla Persia (Iran) diretto a Roma, divenne amico del dott. Luigi Ramiro, medico veneziano, residente a Aleppo, città molto estesa, con orti ed immensi giardini, emporio di commercio fra Oriente e Occidente, nodo di missionari e carovane che vi affluivano da ogni parte. Vi erano presenti altri missionari ma c’era bisogno di altri centri religiosi. Il medico propose di fondare una missione carmelitana in città. Con il permesso di Propaganda Fide la missione venne dedicata alla Vergine del Carmelo.
30 settembre 1571
A Sans in Francia nasce ed è battezzato Giovanni di Molin, benché sia cieco dall’età di tre anni è un musicista innato. Scopre il Carmelo ed entra nel Convento di Dol-de-Bretagne nel 1606 come fratello converso col nome di Giovanni di San Sansone.
30 settembre 1897
A Lisieux, in Francia, nell’infermeria del Monastero delle Carmelitane Scalze, verso le 19,20 Santa Teresa di Gesù Bambino e del Santo Volto muore davanti alla comunità riunita. «Tutto quello che ho scritto sui miei desideri di sofferenza, oh, è ben vero!… E non mi pento d’essermi consegnata all’amore! Oh, no!». La memoria di Teresa oltre che dal calendario romano e ambrosiano è ricordata il 2 ottobre dai maroniti e dai siromalabaresi.
NARRAZIONE DEL BEATO TRANSITO DI SANTA TERESA DI GESÙ BAMBINO
dottore della chiesa e patrona delle missioni
Nota
Nel testo che abitualmente, in Italia, è conosciuto con il titolo di Novissima Verba, vengono raccolte, dalla sorella Madre Agnese di Gesù, le parole di Teresa, gravemente ammalata prima, e in fase di spegnersi poi. Si delinea così l’ultima tappa dell’itinerario verso Dio: la passione di Teresa.
In conseguenza dell’incalzare lento ma irreversibile della sua malattia, Teresa ormai è stata trasportata in infermeria. I dati del Carnet Jaune (Quaderno giallo) sono molto scarsi, tuttavia lasciano trasparire che permane la tosse insistente, soprattutto notturna. A Teresa vengono applicate sanguisughe e viene trattata con punte di fuoco: sta declinando. In un frangente in cui gli interrogativi si potrebbero trasformare in incubi, la distinzione fra sogno e realtà, fra verità e finzione, stravolgersi e chiudersi in cerchio ossessivo, Teresa rompe il cerchio e immette la sua sofferenza nella sofferenza cosmica, collettiva, della storia. La sua passività, la sua impotenza, paradossalmente, diventano crescita e non diminuzione.
Introduzione
L’anno dell’Incarnazione del Signore Nostro Gesù Cristo 1897, il 30 settembre, giovedì, suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, entra nella vita, cominciando così quella che definiva la sua propria missione: «…fare amare il buon Dio come lo amo io, d’offrire la mia piccola via alle anime. Se il buon Dio esaudisce i miei desideri, trascorrerò il mio cielo sulla terra fino alla fine del mondo. Sì, voglio trascorrere il mio cielo a fare del bene sulla terra… Ritornerò… Discenderò… (la sua audacia non conosce più limiti). Bisognerà che il buon Dio faccia tutte le mie volontà in cielo, perché io non ho mai fatto la mia volontà sulla terra».
Mercoledì 29 settembre
Fin dal mattino sembrava in agonia: aveva un rantolo molto penoso e non poteva più respirare. Venne chiamata la Comunità che si riunì intorno al suo letto per recitare le preghiere del Manuale. Dopo circa un’ora la Priora congedò le suore.
A mezzogiorno, ella chiese a alla Priora:
Madre, è l’agonia?… Come farò per morire?
Non saprò mai morire!
Le lessi ancora alcuni passi dell’Ufficio divino di San Michele e le preghiere degli agonizzanti in francese. Quando si parlò dei demoni, ebbe un gesto infantile come per minacciarli e esclamò sorridendo: Oh! Oh! Con un tono che voleva dire: non ho paura.
Dopo la visita del dottore, disse alla Priora:
È per oggi, Madre?
Sì, figlia mia.
Una di noi disse: «Dio è molto contento oggi».
Anch’io! Se morissi subito, che felicità!
Quando soffocherò del tutto?…
Non ne posso più! Pregate per me! Gesù, Maria!
Sì! Voglio, voglio proprio…
Era arrivata suor Maria della Trinità. Teresa, dopo qualche istante e molto gentilmente, la pregò di ritirarsi. Quando se ne fu andata, le dissi: «Povera piccola! Ti ama tanto!».
È stata una sgarbatezza l’averla mandata via?
E il suo volto assunse un’espressione di tristezza, ma la rassicurai molto presto.
Durante la ricreazione della sera.
Ah! Se tu sapessi!
(Se tu sapessi quanto soffro)
Vorrei sorriderti sempre e ti volto la schiena! Ti dispiace? (Eravamo durante il silenzio)
Dopo Mattutino quando la Priora venne a vederla, aveva le mani giunte e disse con voce dolce e rassegnata.
Sì, mio Dio, sì mio Dio, voglio proprio tutto!…
«È dunque atroce quanto soffri?». Domandò Nostra Madre.
No, Madre, non atroce, ma molto, molto… esattamente quello che posso sopportare.
Chiese di rimanere sola durante la notte, ma la Priora non volle. Suor Maria del Sacro Cuore e suor Genoveffa condivisero questa grande consolazione. Io restai nella cella, vicinissima all’infermeria, che si affaccia sul chiostro.
Giovedì 30 settembre 1897
Durante la Messa rimasi vicina a lei. Non proferì parola. Era sfinita, ansante; le sue sofferenze, lo indovinavo, erano inesprimibili. Ad un certo punto, congiunse le mani e guardando la statua della Santa Vergine disse:
Oh! L’ho pregata con un fervore! Ma è l’agonia pura, senza alcuna traccia di consolazione!
Le dissi qualche parola di compassione e di affetto e aggiunsi che mi aveva molto edificato nel corso della sua malattia.
E tu, quante consolazioni mi hai dato!
Ah! Sono proprio grandi!
Per tutta la giornata, senza un istante di tregua, rimase, si può asserirlo senza esagerazione, tra veri tormenti. Sembrava allo stremo delle forze e, tuttavia, con nostra grande sorpresa, poté muoversi e sedersi sul letto. Ci disse:
Vedete quanta forza ho oggi!
No, non sto per morire!
Ne ho ancora per dei mesi, forse per degli anni!
«E se Dio lo volesse – domandò alla Priora – l’accetteresti?». Cominciò a rispondere nella sua angoscia:
Bisognerebbe proprio…
Ma, riprendendosi subito, con accento di sublime rassegnazione, ricadendo sui cuscini disse:
Proprio lo voglio!
Ho potuto raccogliere queste esclamazioni, ma è proprio impossibile renderne l’accento:
Non credo più alla morte per me…
Non credo più che alla sofferenza…
Bene, tanto meglio!
O mio Dio!…
Io amo il buon Dio!
O Santa Vergine, vieni in mio soccorso!
Se questa è l’agonia, che cosa è la morte?!…
Ah! Mio buon Dio!…
Sì, egli è buono, lo trovo molto buono…
Guardando la statua della Santa Vergine:
Tu sai che soffoco!
E a me:
Se tu sapessi che cosa significa soffocare!
«Dio ti aiuterà, povera piccola, e sarà ben presto finito».
Sì, ma quando?
Mio Dio, abbi pietà della tua povera piccola figlia!
Abbi pietà!
A Nostra Madre:
Madre,
le assicuro che il calice è pieno fino all’orlo!…
Ma il buon Dio non mi abbandonerà, certamente…
Non mi ha mai abbandonato.
Sì, mio Dio, tutto quello che vuoi,
ma abbi pietà di me!
Sorelline! Sorelline, pregate per me!
Oh! Sì, tu sei buono! Io lo so…
Dopo i Vespri, la Priora posò sulle sue ginocchia un’immagine di Nostra Signora del Monte Carmelo. La guardò un momento e, quando la Priora l’assicurò che ben presto avrebbe accarezzato la Santa Vergine come Gesù Bambino su quell’immagine, esclamò: O Madre, mi presenti subito alla Santa Vergine, sono un bebè che non ne può più!…
Mi prepari a morire bene!
La Priora le rispose che, avendo sempre compreso e praticato l’umiltà, la sua preparazione era fatta. Rifletté un istante e pronunciò umilmente queste parole:
Sì, mi sembra di non aver cercato altro che la verità; sì, ho compreso l’umiltà del cuore… Mi sembra di essere umile.
Ripeté ancora:
Tutto quello che ho scritto sui miei desideri di sofferenza. Oh! È proprio vero!
Non mi pento di essermi abbandonata all’Amore!
Con insistenza:
Oh! No, non mi pento, al contrario!
Un poco più tardi:
Non avrei mai creduto che fosse possibile soffrire tanto! Mai! Mai! Non posso spiegarmelo che con i desideri ardenti che ho avuto di salvare le anime.
Verso le 17, mi trovavo da sola vicina a lei. Il suo volto cambiò tutto ad un tratto: compresi che era l’ultima agonia. Quando la Comunità entrò in infermeria, ella accolse tutte le suore con un dolce sorriso. Teneva il suo Crocifisso e lo guardava costantemente.
Per più di due ore un rantolo terribile le scosse il petto. Il volto era congestionato, le mani violacee, i piedi ghiacciati e tremava in tutte le membra. Un sudore abbondante imperlava di gocce enormi la fronte e scorreva sulle guance. Era in un’oppressione sempre crescente e gettava talvolta, per respirare, dei piccoli gridi involontari.
Durante tutto questo tempo così doloroso per noi, si sentiva alla finestra, e ne soffersi molto, tutto un cinguettio di pettirossi e di altri uccellini, ma così forte, così vicino e così a lungo! Pregavo Dio di farli tacere: questo concerto mi trapassava il cuore e avevo paura che affaticasse la nostra piccola Teresa.
Ad un certo punto sembrò avere la bocca così riarsa che suor Genoveffa, pensando di darle sollievo, le pose sulle labbra un pezzettino di ghiaccio. Lo accettò facendole un sorriso che non dimenticherò mai. Era come un supremo addio.
Alle 18, quando suonò l’Angelus, guardò a lungo la statua della Santa Vergine. Infine, alle 19 e qualche minuto, poiché la Priora aveva congedato la Comunità, sospirò:
Madre! Non è ancora l’agonia?…
Non sto morendo?…
Sì, povera piccola, è l’agonia, ma il buon Dio vuole prolungarla di qualche ora!
Ella riprese con coraggio:
Va bene!… Avanti!… Avanti!…
Oh! Non vorrei soffrire per meno tempo…
E guardando il suo Crocifisso:
Oh! Io l’amo!… Dio… ti amo!…
Improvvisamente, dopo aver pronunciato queste parole, cadde dolcemente all’indietro, con la testa inclinata a destra. La Priora fece velocemente suonare la campana dell’infermeria per chiamare la Comunità.
«Aprite tutte le porte», disse nel contempo. Queste parole avevano un tono solenne e mi fecero pensare che in Cielo anche Dio le dicesse ai suoi Angeli.
Le sorelle ebbero il tempo di inginocchiarsi intorno al letto e furono testimoni dell’estasi della piccola santa morente. Il volto aveva ripreso il colore del giglio che aveva in piena salute, gli occhi erano fissi in alto, brillanti di pace e di gioia. Faceva certi graziosi movimenti con la testa, come se Qualcuno l’avesse divinamente ferita con una freccia d’amore e poi la ritirasse per ferirla ancora…
Suor Maria dell’Eucaristia si avvicinò con una candela per vedere più da vicino il suo sublime sguardo. Alla luce della fiamma, non apparve nessun movimento sulle palpebre. Questa estasi durò all’incirca lo spazio di un Credo e poi Teresa rese il suo ultimo respiro.
Dopo la morte, conservò il suo celeste sorriso. Era di una bellezza che rapiva. Teneva così stretto il Crocifisso che bisognò strapparglielo dalle mani per seppellirla. Suor Maria del Sacro Cuore ed io compimmo quest’ufficio insieme a suor Amata di Gesù e rilevammo allora che non dimostrava più di dodici o tredici anni.
Le membra rimasero flessibili fino all’inumazione, il lunedì 4 ottobre 1897.