B. V. del Carmelo
Profilo Biografico
Maria Madre di Gesù e Madre del Carmelo Maria in primo luogo è la persona che si colloca dalla parte dei credenti; Ella è “la credente” (Lc 1, 45), la prima in ordine di tempo, che ha accolto la pienezza della Parola evangelica, e anche la prima che l’ha accolta e custodita come Gesù, Figlio del suo seno. Maria, meditando la Parola della prima Chiesa, costituisce la memoria meditativa di ogni cristiano e per ciò stesso di ogni carmelitano. Nella tradizione del popolo di Israele La tradizione del Protovangelo di Giacomo, cioè di quello che si considera il libro della famiglia di Gesù, racconta che Maria venne portata al Tempio di Gerusalemme e vi rimase, frequentandovi la scuola, dai tre anni ai dodici anni. Ella conosceva tutta la tradizione: lo dimostra bene il Cantico del Magnificat che ci ha lasciato. In Lei difatti si concentra e si esprime, come il frutto più maturo, tutta la storia antecedente del popolo dell’Alleanza. In Lei fioriscono le Madri di Israele: Sara, Rebecca, Rachele, Lia ed anche le eroine del popolo di Israele: Mirjam, sorella di Mosè, Debora, Giaele, Giuditta, Ester e la madre dei sette fratelli del II libro dei Maccabei, 7, 20. In Maria ancora sono presenti le donne favorite di una maternità straordinaria, che preludevano alla sua: la madre di Sansone, Anna e la ragazza vergine del libro di Isaia. Nella tradizione della Chiesa Secondo i Vangeli, Maria manifesta la vocazione prima e profetica della donna, così fortemente, se pur con una certa discrezione, messa in luce: Elisabetta la profetessa, Maria Maddalena, prima testimone della risurrezione, non creduta dagli apostoli e tante altre figure. Nell’anima di Maria si accende una radicale novità della fede, perché vi si celebra la Nuova Alleanza. La prima comunità cristiana La denominò “la Via” perché, in quanto Madre di Gesù, Ella personifica il cammino più perfetto per giungere a Dio Padre. Maria è infatti colei che provoca il primo miracolo di Gesù, fondamento della fede dei discepoli; è sempre Lei che sa trovarsi presente ai grandi eventi della salvezza: la morte crudele del suo Figlio e la nascita della Chiesa “dal sangue e dall’acqua”, la Pentecoste e i primi passi della Chiesa perseguitata, ma vittoriosa. Ella precede anche la risurrezione escatologica, cioè finale e conclusiva della storia, della Chiesa e dell’umanità intera. Maria è come una Sposa resasi bella per il suo Sposo: è insieme il compimento, come abbiamo accennato già, del popolo di Israele e dell’inizio nuovo della Chiesa santa. Se si osservano gli antichi affreschi, le antiche vetrate, fino alla fine del Medioevo, si noterà bene questa Maria, Madre di Gesù, circondata dai patriarchi, dai Re e dai profeti. E, se attraverso Gesù Ella appartiene all’albero di Jesse, il betlemmita, è però anche la Madre di tutte le Chiese dei gentili. Maria è la donna che è piaciuta a Dio: Ella è la piena di grazia, che supera tutte le frontiere erette dal peccato e dalla stessa creazione. Quando lo Spirito Santo scende su di lei e la rende Madre, non la spoglia della sua condizione di Vergine, che diventa il segno di una totale appartenenza sponsale a Dio solo, ma rende questa sua verginità feconda. Così Ella diviene l’icona del mistero dell’intera Chiesa, fatta di uomini e di donne: tutti con il destino di partecipare alla sua condizione sponsale. Maria porta in sé gli aspetti più dolorosi e sconcertanti del destino del popolo d’Israele e della Chiesa di Dio in Gesù Cristo. Se a Maria nell’Annunciazione è stato rivelato il Figlio, Ella rimane in contatto con la Verità del suo Figlio solo nella fede, quindi conosce la particolare fatica del cuore, nel credere al grande mistero che in Lei e nella storia si incarna. Anche in questo ci è sorella carmelitana. La Madre di Gesù Nel Nuovo Testamento si dice semplicemente a proposito di Maria che Ella è la Madre di Gesù, perché è lo stesso nome di Gesù che qualifica l’accezione del termine “Madre”. Gesù infatti è un uomo ben conosciuto tra i suoi, ed è noto che in Oriente la donna viene designata come la Madre del primogenito figlio maschio. Ella, “beata perché ha creduto” (Lc 1, 45-48) diviene così, mettendo al mondo il Messia, il centro e il cuore della Chiesa e la madre di tutti i discepoli di Gesù. Maria di Nazareth diviene la vera madre dei viventi. Maria è la donna che non è più, come nel libro della Genesi, vestita di foglie oppure di pelli per l’intervento di Dio, e neanche semplicemente nuda come alle origini, ma è rivestita di Sole, con la luna sotto i suoi piedi, proprio come la Sposa del Cantico, che partecipa delle vesti di Dio. La sua corona è formata da dodici stelle, cioè dalle dodici tribù del popolo di Israele; Ella è la nuova Eva e la figlia di Sion, ma è anche solidale sulla terra, con la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, quel corpo iniziato nel suo corpo, con l’Annunciazione. Tutta l’umanità partecipa del vestito di Sole della donna e ciascuno di noi deve riconoscersi in Maria. Ella quindi è al centro del grande segno dell’Apocalisse, in cui la vittoria su Satana viene riportata per mezzo del Sangue dell’Agnello. Prima però di essere rivestito di Sole, il cristiano deve essere rivestito da un altro abito, per combattere nella storia: deve rivestirsi dell’armatura del Signore, proprio come dice la nostra Regola carmelitana. Non bisogna mai deporre a terra lo scudo della fede e quella spada che è la Parola di Dio: qui si radica la fiducia profonda nella forza della preghiera che non cessa mai. È Maria che precede nel cammino della fede il cammino della Chiesa. L’Apocalisse stessa ce la mostra solidale con “il resto della sua discendenza” alle prese con l’interminabile combattimento spirituale, verso le cose ultime della salvezza. Ella ci risveglia a questo Avvenire di Dio, di cui siamo parte preziosa.
Maria e il Carmleo
Jean Guitton Lo scrittore Jean Guitton, Accademico di Francia e amico personale di papa Paolo VI, esprime un pensiero di grande rilievo sulla Vergine del Carmelo. Per quanto riguarda il Carmelo egli ritiene che goda di una particolare preminenza, fondata sulla sua antichità, quasi fosse stato fondato ancor prima di Cristo, cioè in quell’idea della Vergine Maria presente nel cuore di Dio. Così afferma e descrive il compito geniale dello spirito mariano del Carmelo: “L’Ordine del Carmelo ha nella sua tradizione l’idea di una donazione alla Vergine Maria, che considera la sovrana di tutti i mondi, Purgatorio compreso. Forse proprio questo è il senso recondito della consacrazione di Simone Stock. Mi si obietterà che anche la maggior parte degli Ordini religiosi si onora d’una speciale protezione della Vergine, o perlomeno di comprenderla in qualche particolare maniera. Maria regna su ciascun Ordine al modo che la luce del sole batte sulle faccette d’un diamante, che ne ha tante e ciascuna può credersi baciata dal sole. Ma il Carmelo ha una preminenza d’antichità, esso solo potendo rifarsi all’economia antica: quasi come se il Carmelo fosse stato fondato, prima del Cristo, dalla Vergine antecedente, cioè dall’idea della Vergine in Dio. Nel Carmelo non c’è bisogno che il nome della Vergine venga pronunciato in modo esplicito, non c’è bisogno che questo o quel suo attributo venga ricordato e sottolineato con evidenza. Nel Carmelo è l’atmosfera stessa ad essere mariana, in forza della fondazione, dell’impregnazione, della consacrazione, dell’omaggio del silenzio. Per questo ogni vita carmelitana, anche quando non si propone in modo esplicito una qualche speciale imitazione di Maria, contiene in modo eminente lo spirito mariano” (J. Guitton, Il Genio di Teresa di Lisieux, ed. SEI, pp. 53-54). Nel febbraio del 1374, l’Università di Cambridge decretò che “il titolo della gloriosa Vergine Maria conviene in maniera speciale a questo Ordine”. Anche quando i diversi Ordini cercavano di distinguersi per i loro privilegi e i loro titoli, nessuno si oppose al detto, ormai in uso approvato, che il Carmelo è tutto mariano. Fatto questo confermato dalla festa particolare, istituita nel XIV secolo ed estesa a tutta la Chiesa, della Madonna del Carmelo, che aveva come scopo quello di ringraziare la Vergine dei molteplici e rinnovati favori che Ella aveva sempre accordato a questo suo amato Ordine. Gli eremiti del monte Carmelo tributavano fin dalle origini un vero culto alla Vergine Maria. Tra i documenti che ci manifestano questa tradizione, abbiamo il libro Citez de Jherusalem, scritto verso il 1220, in cui si legge: “Presso l’abbazia di S. Margherita, sul fianco del medesimo monte Carmelo, vi è un luogo delizioso, in cui vivono gli eremiti latini, che si chiamano frati del Carmelo. Vi è una piccola Chiesa della Beata Vergine.” Un altro documento può essere quello di Gregorio IX, del 1227, che indirizza una bolla “Al caro figlio, Priore degli Eremiti di Maria Santissima del Monte Carmelo”. L’Ordine del Carmelo era dunque tutto mariano, prima del dono dello Scapolare: bisogna risalire dunque più da lontano, verso le origini dell’Ordine, per ritrovare questo suo carattere particolare ed essenziale. Maria e il profeta Elia C’è poi un fatto particolare che riguarda queste origini: gli eremiti, che s’appellavano di Elia, si stabilirono sul Carmelo, per ritrovarvi lo spirito del profeta. Elia infatti si era rifugiato per ordine di Dio presso le rive del torrente Carith, le cui acque divennero un po’ il simbolo della contemplazione, di cui essi erano avidi. Rileggendo il cap. XVIII del libro III dei Re, che parla delle gesta di Elia sul Carmelo, si narra, a un certo punto, che egli si pose sulla sommità del monte, la testa tra le ginocchia, in atteggiamento di ardente supplica a Dio. Incaricò poi il suo ragazzo di scrutare l’orizzonte: sei volte questi risalì la cima, dove si scorge il mare, ma all’orizzonte non appariva nulla. Alla settima volta, segnalò ad Elia una piccola nube: il profeta si alzò, comprendendo che la pioggia era in arrivo. Alcuni Padri della Chiesa, nutriti di Scrittura e di sensibilità cristologica, non tardarono a cogliere il simbolismo di questa piccola nube: i Carmelitani non fecero che ampliarlo e contemplarlo amorosamente. F. Riboti nell'”Institutio primorum monachorum” commenta così l’episodio: “A prescindere dall’evento storico, quella visione della nube conteneva in sé il sacramento di cose future e grandi misteri che Dio rivelava al profeta, prono in preghiera”. Elia – si dice – l’avrebbe rivelato non a tutti, ma segretamente solo ai suoi discepoli. Da questi poi, “per tradizione” e non certo per autenticità storica, sappiamo che attraverso quella visione il Signore avrebbe fatto conoscere ad Elia questi quattro grandi misteri: sarebbe nata, a suo tempo, una bambina che sarebbe uscita dal grembo materno monda da ogni peccato; il tempo in cui ciò si sarebbe adempiuto; che tale bambina avrebbe professato perpetua verginità, come Elia; che da quella Vergine, prendendone la natura umana, Dio sarebbe nato, fatto uomo. Questo testo dell'”Institutio primorum monachorum”, composto nel XIV secolo, fu presentato e a lungo ritenuto come il più antico testo spirituale dell’Ordine, risalente addirittura al V secolo. Fu un testo circondato da grande venerazione e i suoi primi capitoli erano considerati come la regola antica. Senza dubbio è questa visione simbolica, non certo provata storicamente, sottolineata anche dal prefazio proprio della festa della Madonna del Carmine, che ha formato l’attrattiva del Carmelo per i figli di Elia. Con una certa sicurezza, che proviene dalla costanza della sua tradizione, l’Ordine del Carmelo lega le sue origini a questa visione simbolica. Il carattere mariano del Carmelo viene nettamente determinato da questo fatto: esso è legato all’ideale e allo spirito stesso dell’Ordine e consiste nella ricerca affettuosa e nella scoperta di Cristo Gesù e della Vergine Maria, sua Madre. L’attesa ardente di Elia e dei suoi discendenti si sarebbe poi compiuta, nella pienezza dei tempi, quando Maria potè giungere di persona alla sacra Montagna. Frequentemente troviamo, sotto la penna dei nostri autori, delle allusioni agli incontri dei figli del profeta con la Vergine, e alle visite di Maria sul monte Carmelo. I figli di Elia, dice sempre l'”Institutio primorum monachorum”, videro molte volte la Beatissima Madre di Dio a Nazareth, a Gerusalemme e in altri luoghi (cfr Daniele della Vergine, n. 222): “Ella frequentò – si dice – i religiosi dimoranti in questi luoghi (il Carmelo); vi era condotta o per la santità del posto o per la sua vicinanza”. Difatti Nazareth non si trova che a tre miglia di distanza dalla santa montagna del Carmelo. Questi pii racconti ci portano, in mancanza di attendibilità storica incontestabile, un’eco dei desideri dell’anima mariana dei nostri antenati e dello spirito che li animava: desideravano vedere la Vergine, per vivere nella sua affettuosa intimità.
Beato transito
Introduzione L’anno dell’Incarnazione di Nostro Signore Gesù Cristo, il secondo anno dopo l’Ascensione del Signore, la Vergine Maria entra nella vita. Il beato transito avviene secondo la Tradizione a Gerusalemme. La Madre di Gesù al momento del suo trapasso (chiamato anche Dormizione) venne trasferita immediatamente, sia con l’anima che con il corpo, in Cielo, accanto al Figlio e a Dio Padre. Fu “assunta”, ricevuta, accolta in Paradiso. La Tradizione e la fede universale dei fedeli testimoniano una sicura rivelazione dello Spirito Santo quando affermano che: “la Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo”. Racconti apocrifi narrano secondo il loro linguaggio proprio che la Vergine Maria aveva chiesto al Figlio di avvertirla della morte tre giorni prima. Così avvenne. Il secondo anno dopo l’Ascensione del Signore Nostro Gesù Cristo, Maria stava pregando quando le apparve l’angelo del Signore che le disse, tenendo un ramo di palma nella mano: “Fra tre giorni sarà la tua assunzione”. La Madre di Gesù convocò al capezzale alcuni discepoli del Signore, annunciando la sua morte. Venuta la domenica, all’ora terza Cristo discese in una nube luminosa e, circondato da una legione di angeli, condusse in cielo l’anima della Madre. Mentre la nube si levava, tutta la terra tremava. Appena gli abitanti di Gerusalemme, invasi da Satana, seppero della morte di Maria, si lanciarono contro gli apostoli per ucciderli e impadronirsi del corpo della Vergine. Ma un’improvvisa cecità impedì loro di attuare il tenebroso disegno: perso l’orientamento, sbandavano urtandosi a vicenda. Gli apostoli, approfittando della confusione, fuggirono trasportando il corpo della Beata Vergine Maria fino alla valle di Giosafat dove lo deposero in un sepolcro; in quel istante li avvolse una luce dal cielo e, mentre cadevano a terra, il santo corpo fu assunto in cielo dagli angeli. Ricorda La festa dell’Assunta è antichissima. A Gerusalemme si cominciò a celebrare all’inizio del secolo VI nella chiesa fatta costruire dall’imperatrice Eudossia sul Getsemani dove si narrava che la Madonna fosse stata sepolta. L’imperatore Maurizio – che governò dal 582 al 602 – ordinò poi che si estendesse la celebrazione a tutto l’impero bizantino. Le prime indicazioni sulla credenza nell’Assunzione risalgono al periodo compreso fra la fine del IV e l’inizio del V secolo: sant’Efrem sosteneva che il corpo di Maria non aveva subito corruzione dopo la morte; sant’Epifanio che la Vergine quasi certamente possedeva già la carne nel Regno dei cieli; infine l’operetta siriaca Obsequia Beatae Virginis riferiva che la sua anima, subito dopo la morte, si era riunita nuovamente al corpo. Contemporaneamente proliferavano molti scritti apocrifi fra i quali i più noti sono la Dormizione della santa Madre di Dio e il Transito della Beata Vergine Maria. All’inizio la festa, chiamata in Oriente Transito o Dormizione di Maria, non esprimeva dappertutto e chiaramente l’idea dell’assunzione: talvolta ci si limitava a parlare di incorruzione del corpo verginale. La festa venne introdotta anche a Roma nel secolo VII per poi passare in Francia e in Inghilterra col titolo di Assumptio Sanctae Mariae. Il dibattito teologico continuò per tutto il medioevo durante il quale, grazie ai grandi dottori scolastici, si formò un progressivo orientamento a favore dell’assunzione. Ma soltanto a partire dal secolo XVIII il consenso divenne così imponente che cominciarono a moltiplicarsi le petizioni alla Santa Sede per la proclamazione del dogma sebbene qualche voce isolata contestasse la sua definibilità come verità rivelata perché mancava una testimonianza biblica precisa. Fu Pio XII che il 1° novembre 1950, Anno santo, dalla Loggia della Basilica di San Pietro, dopo una consultazione dell’episcopato durata quattro anni, procedette alla sua definizione dogmatica con la costituzione apostolica Munificentissimus Deus dove si rispondeva alle obiezioni di alcuni teologi: il documento infatti definisce l’Assunzione come divinamente rivelata fondandola non tanto su singoli testi biblici o patristici, liturgici o iconografici, quanto sull’insieme delle varie indicazioni contenute nella tradizione e nella fede universale dei fedeli che testimoniano una sicura rivelazione dello Spirito Santo. “Pertanto, dopo avere innalzato ancora a Dio supplici istanze, e avere invocato la luce dello Spirito di Verità, a gloria di Dio onnipotente, che ha riversato in Maria Vergine la sua speciale benevolenza a onore del suo Figlio, Re immortale dei secoli e vincitore del peccato e della morte, a maggior gloria della sua augusta Madre e a gioia ed esultanza di tutta la chiesa, per l’autorità di nostro Signore Gesù Cristo, dei santi apostoli Pietro e Paolo e Nostra, pronunziamo, dichiariamo e definiamo essere dogma da Dio rivelato che: l’immacolata Madre di Dio sempre Vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo.” (Pio XII, Costituzione apostolica Munificentissimus Deus, 1950) Successivamente il Concilio Vaticano II ha approfondito il dogma con la costituzione Lumen gentium spiegando che l’Assunzione non è soltanto un privilegio connesso teologicamente alla divina maternità virginale, ma la conclusione della missione terrena di Maria che fu chiamata per prima a raggiungere l’unione con il Signore risorto e glorificato; ed è infine l’immagine e l’inizio della Chiesa escatologica, segno di speranza per il popolo di Dio che cammina verso il giorno del Signore.
Il segno dello scapolare
L’abito di Maria Lo Scapolare donato da Maria a S. Simone Stock, come pare, da lui invocata per ottenere privilegi all’Ordine, fu la causa del propagarsi di molte confraternite carmelitane in varie parti dell’Italia e del mondo, portando una vera fioritura dell’Ordine stesso. In tutti questi luoghi, la Vergine Maria è invocata sotto il titolo del Carmelo, essa parla del Carmelo del suo carisma anche là dove i Carmelitani, suoi fratelli e sorelle, non sono conosciuti. Infatti il Carmelo è tutto di Maria, tutto in esso parla di Lei, Madre e Decoro (Bellezza) del Carmelo. Essa stessa è la prima carmelitana impegnata nell’animazione e nella promozione vocazionale, chiamando ad entrare per così dire nel “suo Ordine” proprio attraverso il segno distintivo dello scapolare tutti coloro che intendono seguirla nell’ossequio, nella dedizione, nella consegna di sé a Cristo. Vi è inoltre un parallelo che merita di essere osservato tra lo scapolare della Vergine Maria consegnato a San Simone Stock e il mantello che il profeta Elia lascia come eredità del suo spirito ad Eliseo, discepolo prima e continuatore poi della sua opera. Nello Scapolare perché non ravvisare il segno di Maria attraverso il quale ci lascia in eredità il suo spirito? Divenendo discepoli prima e continuatori poi del compito a lei affidato da Dio? Prima discepola di Cristo. Immagine perfetta della chiesa che contempla proprio in Lei ciò che ciascun membro spera di essere nella chiesa. Rivestire lo scapolare significa consacrarsi a Maria, essere riconosciuti da Lei come figli prediletti. Rispondendo all’amore della Vergine Maria, i suoi devoti vivono sicuri della sua protezione nei pericoli della vita, nell’ora della morte, certi che anche dopo la morte interverrà per loro “Colei che con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo… fino a che non siano condotti nella patria beata” (Lumen Gentium 62). L’aggregazione della Famiglia Carmelitana e la familiarità con Maria assumono un carattere fondamentalmente comunitario ed ecclesiale, perchè Maria “aiuta tutti i suoi figli, dovunque e comunque vivano, a trovare in Cristo la via verso la casa del Padre” (Redemptoris Mater 47). Lo Scapolare è il piccolo segno del grande ideale del Carmelo: l’amicizia, l’intimità con Dio. Ricevere lo Scapolare, che è la sintesi dell’abito carmelitano, equivale ad entrare a far parte della famiglia carmelitana e goderne i benefici, in particolare la spiritualità mariana, e la protezione di Maria, in vita, nell’ora della morte e dopo la morte. Nella vita quotidiana significa: Vivere da “fratelli” o “sorelle” in comunione con il Carmelo, cercando di approfondirne la vita e gli ideali. Dare a Maria sempre più spazio nella propria vita, cercando di vivere nel proprio ambiente la fedeltà a Cristo con lo spirito di Maria. Imitare la “Vergine orante” che custodiva la parola di Dio nel suo Cuore (Lc 2, 19.51), dedicando qualche tempo all’incontro con Dio nella preghiera. Vivere la castità dell’anima e del corpo, del cuore e dei sensi secondo il proprio stato e le esigenze evangeliche di ogni vocazione. Maria è invocata come la “bellezza del Carmelo”. Per la via della bellezza tutta la natura, valorizzata e rispettata, canta così con gioia le lodi del suo Creatore, e la devozione a Maria si rivela ancora una volta “un aiuto potente per l’uomo in cammino verso la conquista della sua pienezza” (Marialis Cultus 56).
Lo Scapolare
Imposizione dello scapolare
Benedizione e Imposizione dello Scapolare Il Sacerdote, rivestito di cotta e stola bianca (o almeno stola) dice: Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. Preghiamo Signore Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, benedici questo scapolare che questo tuo figlio (questa tua figlia) N. si appresta a indossare devotamente a prova del suo amore, a te e alla tua madre, la Beata Vergine Maria del Monte Carmelo; fa’ che per la intercessione della stessa tua Madre, difeso (difesa) dal potere diabolico, perseveri nella tua grazia fino alla morte. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen. Il Sacerdote asperge lo scapolare con l’acqua benedetta e lo impone al fedele dicendo: Prendi questo abito benedetto e prega la Vergine Santissima perché, per i suoi meriti, ti conceda di portarlo senza macchia, ti difenda da ogni avversità e ti conduca alla vita eterna. Amen. E prosegue: Per le facoltà che mi sono state concesse, ti rendo partecipe di tutti i beni spirituali, che per la misericordia di Gesù Cristo sono compiuti dai religiosi Carmelitani: nel nome del Padre, + del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Benedizione: Il Signore sia con voi. E con il tuo spirito. Ti benedica Dio Onnipotente + Creatore del cielo e della terra, che si è degnato di ammetterti nella Confraternita della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Preghiamo la Vergine Santa perché nell’ora della tua morte schiacci il capo del Maligno e ti faccia conseguire la palma del trionfo e la corona dell’eterna eredità. Amen. Infine il Sacerdote asperge il fedele con l’acqua benedetta e intona una preghiera mariana (L’Ave Maria, La Salve Regina, il Sub tuum praesidium, il Memorare). Ti suggeriamo alcune pratiche possibili a scelta: recita quotidiana di qualche parte dell’ufficio divino; oppure recita della terza parte del Rosario; oppure un breve tempo di “Lectio Divina”; oppure recita di 7 Pater, Ave, Gloria. Il giorno di Sabato è dedicato a Maria, ricorda di pregarla in modo particolare. Il 16 luglio è la solenne festa annuale della Madonna del Carmine.
San Simone Stock
Giunti nel Continente Europeo provenienti dalla Palestina da dove erano stati scacciati, frati del Carmelo cominciarono ad andare diffondendosi un po’ ovunque come membri di un Ordine quasi sconosciuto, malvisto e sull’orlo della scomparsa. La “famiglia” religiosa del grande profeta Elia sembrava un tronco secco e vecchio, destinato a disfarsi in poco tempo. Era il momento atteso da Nostra Signora per far rifiorire, sull’alto della verga disseccata, un fiore: San Simone Stock. Di nazionalità inglese, religioso di riconosciuta virtù, era stato eletto all’incarico di Priore Generale dell’Ordine. Tuttavia, non esercitava un’effettiva autorità sopra i suoi sudditi, poiché il Carmelo non possedeva ancora una struttura giuridica coesa e uniforme, capace di conservare uno spirito, promuoverlo e trasmetterlo alla posterità. La virtù compensava, però, la mancanza di autorità. Pregando Nostra Signora con molto fervore San Simone La implorò che non permettesse la scomparsa dell’Ordine Carmelitano. In questa desolante situazione la Santissima Vergine apparve al suo buon servitore (nel 1251) e gli consegnò lo Scapolare, perché fosse usato sopra le vesti. In quell’epoca i servi usavano una tunica come abito civile. Sopra di essa indossavano una tunica più piccola, che indicava, per il colore e per caratteristiche peculiari, l’identità del suo padrone. Lo Scapolare del Carmelo era simile a questa piccola tunica. Nostra Signora consegnava, quindi, a San Simone Stock, una livrea propria dei suoi servi, affinché fosse usata da tutti i carmelitani, e prometteva: “Ricevi, figlio dilettissimo, lo Scapolare del tuo Ordine, segno della mia fraterna amicizia, privilegio per te e per tutti i carmelitani. Coloro che moriranno rivestiti di questo Scapolare non andranno nel fuoco dell’Inferno. Esso è un segno di salvezza, di protezione e di sostegno nei pericoli e di alleanza di pace per sempre”. Questa meravigliosa promessa della Santissima Vergine, teologicamente parlando, non è di poco valore per il cristiano che realmente desidera salvare la sua anima. Molti Papi e teologi hanno confermato e spiegato che chi ha una vera devozione per lo Scapolare e lo usa effettivamente riceverà da Maria Santissima la grazia della contrizione e della perseveranza finale. È una promessa simile a quella dei Primi Cinque Sabati del Mese e dei Primi Nove Venerdì del Mese. Il privilegio sabatino Ma una seconda promessa fatta da Nostra Signora del Carmelo ha dato una ancor più rilevante importanza alla devozione dello Scapolare. In un’apparizione al Papa Giovanni XXII, riferendosi a quelli che avrebbero portato lo Scapolare durante la loro vita, la Santissima Vergine disse quanto segue: “O Giovanni, Vicario del mio diletto Figlio… concedi ampia conferma al mio santo e devoto ordine del Carmelo, iniziato da Elia ed Eliseo… E anche altri, se entreranno, faranno parte per Devozione, portando l’Abito Santo… Io, Madre della Grazia, libererò quanto prima e specialmente il primo sabato dopo la sua morte, quanti troverò nel Purgatorio: li libererò e li condurrò al monte santo della Vita Eterna”. Lo stesso Pontefice confermò questa Indulgenza Plenaria nella celebre Bolla Sabatina, del 3 marzo 1322, confermata posteriormente da diversi Papi come Alessandro V, Clemente VII, Paolo III, San Pio V e San Pio X. Nel 1950 il Papa Pio XII scrisse sopra lo Scapolare, esprimendo il suo desiderio perché “sia il simbolo della consacrazione al Cuore Immacolato di Maria, della quale abbiamo molto bisogno in questi tempi tanto pericolosi”. Scrisse anche: “Non si tratta di cosa di poco conto, ma dell’acquisto della Vita Eterna, in virtù della tradizionale promessa della Beata Vergine. Si tratta infatti dell’impresa più importante e del modo più sicuro di attuarla…” (Lettera “Neminen profecto”, 11 febbraio 1950). Il Papa Paolo VI esortava (nel 1965): “Abbiamo in grande stima le pratiche e gli esercizi di pietà verso la Beatissima Vergine, raccomandati lungo i secoli dal Magistero della Chiesa, tra i quali stimiamo di dover ricordare espressamente la religiosa prassi del Rosario e dello Scapolare del Carmelo”. Anche il Papa Giovanni Paolo II lo ha raccomandato insistentemente. All’inizio lo Scapolare era di uso esclusivo dei religiosi carmelitani. Più tardi, la Chiesa, volendo estendere i privilegi e i benefici spirituali di questo abito religioso a tutti i cattolici, estese la possibilità del suo ricevimento a tutti i fedeli. A partire dal misericordioso intervento della Madre di Dio, dopo l’apparizione a San Simone Stock, l’Ordine Carmelitano rifiorì e conobbe altri periodi di gloria, accrescendo in tutta la Chiesa Cattolica la devozione alla Santissima Vergine. In questo Ordine nacquero tre luminari, per non citare che questi, che risplenderanno dappertutto e per sempre nel firmamento della Chiesa: Santa Teresa di Gesù (d’Avila), San Giovanni della Croce e Santa Teresa di Gesù Bambino, tutti e tre proclamati “Dottori della Chiesa”.
La voce dei Papi
Nota per i visitatori del sito Chiunque fosse in grado di trovare altri testi o affermazioni fatte dai papi sullo scapolare è vivamente pregato di scrivere a sangalli.antonio@tiscali.it San Pio X Chi indossa lo Scapolare per mezzo di esso viene associato, in modo più o meno stretto, all’Ordine Carmelitano. Egli perciò deve sentirsi impegnato a una speciale dedizione alla Vergine, al suo culto e alla sua imitazione: elementi essenziali di quella vocazione carmelitana di cui nella Chiesa lo Scapolare rende partecipi. Così lo hanno considerato i numerosi santi, che non hanno mai voluto separarsene e che lo hanno considerato vincolo di unione a una famiglia religiosa, di cui volevano vivere l’impegno di particolare dedizione alla Madonna, sicuri della sua speciale protezione materna durante la vita e nell’ora della morte. PIO XII (1939-1958) Era membro della Confraternita dello Scapolare. “Quante anime buone hanno dovuto la loro suprema conversione e salvezza eterna allo Scapolare che indossavano. Quanti, grazie ad esso, hanno sentito la protezione materna di Maria! La devozione allo Scapolare ha fatto riversare su tutto il mondo fiumi di grazie spirituali e temporali” (1951). Per tutti coloro che lo indossano lo Scapolare diventi memoriale della Madonna, specchio di umiltà e di castità, breviario di modestia e di semplicità, eloquente espressione simbolica della preghiera d’invocazione dell’aiuto divino. Beato GIOVANNI XXIII (1959-1963) Papa Roncalli indossava lo Scapolare. “Per mezzo dello Scapolare io appartengo alla vostra famiglia del Carmelo e apprezzo molto questa grazia come assicurazione di una specialissima protezione di Maria” (ai Carmelitani Scalzi di Avon). Servo di Dio PAOLO VI (1963-1978) “I fedeli stimino molto le pratiche e le devozioni verso la Madonna raccomandate dal Magistero lungo i secoli, tra le quali crediamo di dover ricordare espressamente il Rosario e l’uso religioso dello Scapolare del Carmelo” (2 febbraio 1965). Lo Scapolare del Carmine è una forma di pietà che per la sua semplicità è adeguata alla comprensione di tutti e si è largamente diffusa fra i cristiani con tanti frutti salutari.
Giovanni Paolo II
Il Papa dello Scapolare? È noto a tutti che Giovanni Paolo II non faceva mistero della sua devozione alla Beata Vergine Maria, invocata anche con Titolo del Carmelo. Qui abbiamo raccolto testi che durante il suo lungo pontificato a dedicato allo Scapolare. Chiunque fosse in grado di trovare altri testi o affermazioni fatte da questo pontefice sullo scapolare è vivamente pregato di scrivere a sangalli.antonio@tiscali.it Servo di Dio GIOVANNI PAOLO II (1978-2005) LO SCAPOLARE DI GIOVANNI PAOLO II REGALATO ALLA NOSTRA CHIESA DI WADOWICE Il 23 novembre 2005 è stato presentato ai fedeli, accorsi in gran numero alla nostra chiesa di Wadowice, città natale di Karol WojtyÅ¿a, lo scapolare portato dal Servo di Dio Giovanni Paolo II. La preziosa reliquia è stata installata presso l’altare della Madonna del Carmine, dove il giovane Karol WojtyÅ¿a l’aveva ricevuta. Tutto si è svolto durante l’Eucaristia presieduta dal P. Albert Wach, provinciale di Cracovia. L’omelia è stata tenuta dall’ex provinciale, P. Szczepan T. Praskiewicz, che ha ricevuto la reliquia tramite la Segreteria Personale del defunto Pontefice, e che ha ricordato tra l’altro le sue stesse parole: “porto sempre lo scapolare che ho ricevuto nel giorno della mia prima comunione dalle mani del P. Silvestro” (cfr. Communicationes n. 41 del 15 aprile 2005). Alla celebrazione era presente anche P. John Grennan, provinciale della nostra provincia anglo-irlandese, che ha salutato i presenti parlando tra l’altro di San Simone Stock e delle origini della devozione dello scapolare. “Due sono le verità evocate nel segno dello Scapolare: da una parte, la protezione continua della Vergine, non solo lungo il cammino della vita, ma anche nel momento del transito; dall’altra, la consapevolezza che la devozione verso di Lei deve costituire un “abito”, cioè un indirizzo permanente della propria condotta cristiana. Anch’io porto sul mio cuore, da tanto tempo, lo Scapolare del Carmine!” (Messaggio del 25 marzo 2001). Papa Giovanni Paolo II lo ha raccomandato insistentemente testimoniando che: “io, fin dalla mia giovinezza, porto al mio collo lo Scapolare della Vergine e mi rifugio con fiducia sotto il mantello della Beata Vergine Maria, Madre di Gesù” (Udienza generale, Papa Giovanni Paolo II, 16 luglio 2003). Il suo Segretario particolare, ora Arcivescovo di Cracovia, ha affermato: “Quando, durante il primo pellegrinaggio in Patria, Giovanni Paolo II visitò Wadowice rese grazie a Dio per aver potuto, come disse: “fissare il mio sguardo sul volto della Madre del Perpetuo Soccorso”. Era davanti alla sua effige, nella navata laterale della chiesa parrocchiale che, da alunno, egli pregava la mattina prima delle lezioni e nelle ore pomeridiane, al termine di esse. A Wadowice “sul Colle” c’era il convento dei padri carmelitani scalzi, che diffondevano il culto di San Giuseppe e lo scapolare carmelitano. Il Servo di Dio all’età di dieci anni s’iscrisse alla confraternita e ricevette l’imposizione dello scapolare che portò sempre addosso e con il quale andò nella casa del Padre. Aggiungo che era un “vero” scapolare – di feltro, e non una medaglietta appesa alla catenina. Alcune delle pratiche di pietà, con le quali il Servo di Dio esprimeva il suo amore per Cristo e per sua Madre, sono annoverati nella cosiddetta pietà popolare. Lui – uomo di grande intelletto e con animo d’artista, non si vergognava dello scapolare di Nostra Signora del Monte Carmelo e di queste semplici forme di pietà”. Ben più profondo e più intimo è stato un altro fattore nel nutrire il legame di WojtyÅ¿a fin da fanciullo con il Carmelo: la sua tenera devozione a Maria Madre e Decoro del Carmelo, di cui soprattutto nel corso del pontificato ha voluto espressamente sottolineare la protezione e i benefici ricevuti. Quando, nel famoso viaggio compiuto in Polonia nel 1999, si trovò a Wadowice, suo paese natale, ricordò con commozione sua e dei presenti: “Come nella mia giovinezza, infanzia, mi recò in spirito a quel luogo di particolare culto della Beata Vergine del Monte Carmelo, che esercitava un’influenza così grande sulla spiritualità della terra di Wadowice. Io stesso ricevetti in quel luogo numerose grazie, di cui oggi esprimo riconoscenza al Signore” (AOCD 44/99, 29-30). E in altra occasione ben più esplicitamente disse: “devo dirvi che nella mia età giovanile, quando ero come voi, ella mi ha aiutato. Mi ha aiutato a trovare la grazia propria della mia età, della mia vocazione. Approfittando della visita nella parrocchia dedicata a lei, alla Vergine del Monte Carmelo [a Mostacciano, Roma], voglio dire questo, voglio testimoniare questo, perché questa testimonianza sia anche proficua, utile per ciascuno di voi giovani. È un aspetto molto particolare delle ricchezze spirituali della Vergine, della Madre di Cristo, perché la sua missione carmelitana… è legata ad una veste. Questa veste si chiama Sacro Scapolare. Io devo tanto negli anni giovanili a questo suo scapolare carmelitano”. Il richiamo allo Scapolare carmelitano, rivolto ai fedeli anche in altre occasioni, lo ha portato ad affermare: “lo porto da tanti anni” (Visita alla parrocchia Regina Mundi, 14 dicembre 1986), “sono legato a questa tradizione carmelitana dai miei anni più giovanili” (La Traccia, 91, 156-159), “per la tradizione del sacro Scapolare a cui sono legato dagli anni della fanciullezza” (INS XVI/2/93, 13), e ancor più: “Anch’io porto sul mio cuore da tanto tempo lo Scapolare del Carmine!” (Lettera per i 750 anni dello Scapolare). Tutte questi richiami fanno sorgere una domanda, ma quando e in che circostanza il fanciullo o il giovane WojtyŒa ricevette lo Scapolare? La risposta si trova nelle parole con cui Giovanni Paolo II, nel libro-intervista con Vittorio Messori, sottolinea quanto sia stata importante per la sua formazione la devozione alla Madonna del Carmine e allo Scapolare: “[La mia devozione mariana] è legata alla tradizione dello Scapolare carmelitano, particolarmente eloquente e ricca di simbolismo, che conobbi sin dalla mia giovinezza per il tramite del convento dei Carmelitani sopra la collina, nella mia città natale” (Varcare la soglia della speranza, p. 232). E ancora, rievocando la storia della sua vocazione sacerdotale: “Naturalmente parlando delle origini della mia vocazione sacerdotale non posso dimenticare il filo mariano. La venerazione alla Madre di Dio nella sua forma tradizionale mi viene dalla famiglia e dalla parrocchia di Wadowice… Inoltre, a Wadowice, c’era sulla collina un convento carmelitano… Gli abitanti di Wadowice lo frequentavano in gran numero, e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa devozione per lo Scapolare della Madonna del Carmine. Anch’io lo ricevetti, credo all’età di dieci anni, e lo porto tuttora… Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella dei Carmelitani, si formò la mia devozione mariana durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza”. (Dono e mistero, p. 37). E nella ricordata visita a Wadowice nel 1999 precisava: “E lo scapolare lo porto ancora, così come l’ho messo dai Carmelitani a Górka [di Wadowice] a poco più di dieci anni” (AOCD 44/99, 29-30). Questa intensa pietà mariana si rifletteva in ogni incontro che – asceso al soglio pontificio il 16 ottobre 1978 – egli ha avuto con i Carmelitani dei due rami dell’Ordine. Si può dire che nel suo lungo pontificato non ha perso occasione, specialmente nella ricorrenza della festa della Madonna del Carmine a luglio, di rivolgere alla famiglia carmelitana e a tutti i devoti del Carmine un pensiero per ricordare la protezione e i benefici provenienti dal ruolo della Vergine Madre nel mistero di Cristo e della Chiesa, e per stimolare un atteggiamento di gratitudine filiale espresso in familiarità di vita con Lei e di conformazione alla volontà divina. E invitava “tutti i devoti della Vergine Santa a rivolgerle una fervida preghiera, affinché Ella, con la sua intercessione, ottenga a ciascuno di proseguire sicuro nel cammino della vita e di “giungere felicemente alla santa montagna, Gesù Cristo, nostro Signore”” (Angelus domenicale in Castel Gandolfo, del 21 luglio 1988; L’Osservatore Romano, 25-26 luglio 1988). Nel marzo del 2001 Giovanni Paolo II così esprimeva il suo augurio a tutta la famiglia carmelitana esultante per la ricorrenza dei 750 anni dello Scapolare e dell’anno mariano-carmelitano: “Per l’amore che nutro verso la comune Madre celeste, la cui protezione sperimento continuamente, auguro che quest’anno mariano aiuti tutti i religiosi e le religiose del Carmelo e i pii fedeli che la venerano filialmente, a crescere nel suo amore e a irradiare nel mondo la presenza di questa Donna del silenzio e della preghiera, invocata come Madre della misericordia, Madre della speranza e della grazia”. In queste parole troviamo riflesso un aspetto fondamentale della testimonianza lasciata da WojtyÅ¿a nei suoi legami spirituali con il Carmelo. È ormai risaputo, per averlo più volte rimarcato lui stesso, l’attaccamento, o meglio l’affezione, alla Vergine sotto il titolo del Carmelo che papa Giovanni Paolo II nutre teneramente, verso la quale si dichiara Totus tuus, a cui fa quasi da eco il Carmelo con il suo Totus marianus est Carmelus. Una conferma della devozione alla Vergine del Carmelo era stata fornita personalmente dal papa nella sua visita pastorale alla parrocchia romana di San Martino ai Monti del 17 febbraio 1980. Prendendo lo Scapolare della priora dell’Ordine Secolare Carmelitano e portando le mani sul proprio petto esclamò: qui sotto lo porto anch’io da molto tempo! Un quotidiano laico di Roma di larga diffusione afferma che sul petto del Santo Padre, in occasione dell’intervento chirurgico al Policlinico Gemelli il 13 maggio 1981, in seguito all’attentato di piazza San Pietro, fu distintamente osservato lo Scapolare del Carmine. Tentiamo, con l’aiuto di chi era presente, di ricostruire le condizioni del Papa prima del lungo intervento. Mancano pochi minuti alle sei del pomeriggio. Quando il Pontefice entra in sala operatoria non ha già più la talare bianca. Indossa solo una maglietta e sulla pelle lo Scapolare, due ritagli di stoffa marrone sul petto e sulla schiena legati da una fettuccia, con l’immagine della Madonna del Carmelo… Nuova conferma e ulteriori particolari li troviamo nell’ultimo libro, Dono e Mistero, nel 50° del mio Sacerdozio, scritto in occasione del suo Giubileo, dove il Papa si abbandona a confidenze che mostrano ulteriormente il filo mariano, forte e profondo, che lo lega a Maria e al Carmelo: …a Wadowice (sua città natale), c’era sulla collina un convento di Carmelitani la cui fondazione risaliva ai tempi di San Raffaele Kalinowski (carmelitano polacco canonizzato dal Papa). Gli abitanti di Wadowice lo frequentavano in gran numero, e ciò non mancava di riflettersi in una diffusa devozione per lo Scapolare della Madonna del Carmelo. Anch’io lo ricevetti credo all’età di dieci anni e lo porto tuttora. Si andava dei Carmelitani anche per confessarsi. Fu così che, tanto nella chiesa parrocchiale quanto in quella del Carmelo, si formò la mia devozione mariana durante gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza.
La voce del Carmelo
Nota per i visitatori del sito “Mi ha rivestita delle vesti di salvezza” (Is 61). “Così preghiamo nella festa della Regina del Carmelo, la più grande solennità del nostro Ordine. Noi che possiamo chiamarci sue figlie e sorelle, riceviamo da lei un abito particolare di salvezza, il suo stesso abito. Come segno della sua materna predilezione, Ella ci dona il santo Scapolare, questa armatura di Dio nel ricevere il santo Abito assumiamo l’impegno di dare un’eccezionale testimonianza di amore non solo al nostro divino Sposo, ma anche alla sua santissima Madre. Non possiamo rendere migliore servizio alla Regina del Carmelo e dimostrarle la nostra riconoscenza, che considerandola nostro modello e seguendola nella via della perfezione” (16 luglio 1940). Per essere in grado di apprezzare lo Scapolare, è necessario volgersi indietro alla nostra tradizione e volgersi attorno considerando la sensibilità contemporanea con gli elementi culturali che la costituiscono. L’abito di Maria è un tema ricco sia nella spiritualità delle Chiese orientali sia in quelle occidentali. Il velo, o mantello di Maria, è in Oriente un segno della sua protezione, mentre in Occidente l’abito di Maria è un segno della nostra appartenenza a lei. Entrambi i significati sono combinati insieme nella riflessione di Teresa Benedetta della Croce, Edith Stein. Ella parla del “santo abito della Madre di Dio, il bruno Scapolare”, dicendo che il 16 luglio noi “ringraziamo Maria che ci ha rivestiti con le “vesti di salvezza”, segno visibile della sua protezione materna”. Santa Teresa di Gesù fa riferimento diverse volte all'”abito di Maria”. Racconta volentieri dell’artifizio della Vergine verso padre Gracián, al quale volle dare l’abito carmelitano, sottolineando che “è costume della Vergine non smettere mai di favorire chi si mette sotto il suo patrocinio”. Dall’acuta consapevolezza che l’abito del Carmelo è di Maria, santa Teresa di Gesù trae le conseguenze concrete per la vita dei suoi membri: “Tutte noi che indossiamo questo sacro abito del Carmine siamo chiamate all’orazione e alla contemplazione” e “all’umiltà”. Sarebbe facile moltiplicare le citazioni dei santi e degli scrittori del Carmelo nei confronti dell’abito carmelitano (Fondazioni 28, 30.38; Vita 36, 6.28; Fondazioni 23, 1-8; Fondazioni 23,4). In altri punti riprende lo stesso tema, dicendo che le nostre vite devono corrispondere al nostro abito: “Sa bene il Signore che non posso in altro sperare che nella sua misericordia. Ed essendomi impossibile di non essere quella che sono, non mi resta che appoggiarmi alla sua clemenza e di confidare nei meriti del suo Figlio e della Vergine sua Madre, della quale indegnamente porto l’abito. […] Imitatela, considerate la grandezza e il vantaggio che abbiamo nell’avercela a Patrona…” 3M 1, 3. “Il Signore mise fine a quest’opera (una fondazione) così importante per l’onore e la gloria della sua santissima Madre, mentre io ero a Palencia. Questo è veramente l’Ordine di sua Madre, ed Ella è nostra Signora e Protettrice”, Fondazioni 29, 31, 5M 1, 2. Cammino di perfezione 13, 3: “Sforziamoci, figliole mie, d’imitare almeno in qualche cosa la profonda umiltà della santissima Vergine, di cui portiamo l’abito”.
Maria nella tradizione Mussulmana
Maria nella tradizione mussulmana I Musulmani venerano Maria e credono nella sua verginità, testimoniata nella Sura XIX del Corano, senza però considerarla Madre di Dio perché Gesù è per loro solo un profeta, il maggiore e l’ultimo prima di Maometto. Comunque, nel Corano la figura di Maria (Maryam) è preminente su tutte le altre figure femminili e viene citata molte volte; è anche l’unica donna citata nel Corano con un nome proprio. I musulmani la chiamano anche Sayyida, che vuol dire “Signora, Padrona” e corrisponde pressappoco al termine cristiano “Madonna”. La Madonna secondo l’islam Muhammad, il Profeta dell’islàm, quando entrò in armi alla Mecca nel 630, e conquistò la città che lo aveva scacciato otto anni prima, fu molto clemente con i suoi avversari, e concesse loro un anno di tempo per ravvedersi ed aderire all’islàm, oppure andarsene. Invece fu assai intransigente nell’imposizione della religione monoteista. Fece della Mecca la città sacra della nuova religione e “purificò” la Ka’ba, il santuario delle tribù meccane. Lì c’erano circa 300 idoli. Li fece distruggere tutti, salvando solo un’icona di Maria, di cui si parla nel Corano come di “profetessa”. Il furore iconoclasta islamico risale alle origini, a quel periodo fondatore, e il suo significato è evidente: la divinità, trascendente, non può rappresentarsi, pena la sua “degradazione”. La raffigurazione è bestemmia! Del resto, la teologia islamica successiva discuterà a lungo del valore dello stesso “linguaggio” coranico nei confronti di Dio e cercherà ogni garanzia per salvare la divinità dalla contaminazione “antropomorfica”… È noto che l’islàm non ammette il culto delle immagini, come anche aborrisce del tutto la “raffigurazione” dell’immagine umana: solo Dio può dare volto all’uomo, le altre raffigurazioni si arrogano il potere divino! Maria assume un ruolo privilegiato anche nel Corano. Il testo sacro dell’Islam la presenta come la figlia di ‘Imrân, considerato il Gioachino della tradizione cristiana. Sua moglie, alla notizia della maternità, consacra il futuro bambino ad Allah perché lo serva fedelmente nel Tempio. Presa da grande sconforto al parto quando scopre di aver dato alla luce una femmina, è consolata da Dio che prende sotto la Sua protezione la bimba e tutta la sua discendenza. Durante la sua infanzia, Maria è benvoluta da Dio che la protegge e le concede doni particolari come il cibo sempre fresco che Zaccaria, suo zio e tutore, trova presso di lei tutte le mattine e che le proviene direttamente dal cielo. Procedendo negli anni, Maria riceve dagli angeli particolari comunicazioni grazie alle quali apprende di essere prediletta da Allah tanto da essere scelta come procreatrice del Messia, l’unto, il purificato che avrà la missione di portare agli uomini un messaggio di Dio. La sua maternità è misteriosa, è opera speciale di Allah che tutto può creare con un semplice “Sì” della Sua parola e il brano coranico che racconta il concepimento di Gesù (III, 45-47) ricalca ampiamente il vangelo di san Luca (1, 32-38) e soprattutto i Vangeli apocrifi della nascita e dell’infanzia di Gesù. La figura di Maria è intrinsecamente legata a quella di Cristo che, per il Corano, è uomo prediletto da Allah, inviato agli Ebrei per confermare la Legge e perfezionarla, ma sempre solo uomo anche se santo. Maria, quindi, è vergine per la sua maternità, ma non è certo madre di Dio, anzi tale affermazione rappresenta una terribile bestemmia. L’immagine di Maria tuttavia emerge tanto che gli Ebrei sono maledetti perché hanno osato calunniarla e non hanno creduto al concepimento e alla nascita misteriosa di Gesù (IV, 156-57). Sulla misteriosa gravidanza di Maria non c’è pieno accordo: secondo alcuni, seguendo l’affermazione di Ibn ‘Abbâs, fu miracoloso non solo il concepimento ma anche la durata, di una sola ora, della gravidanza; secondo altri invece avrebbe avuto un decorso normale di nove mesi. Giunta l’ora del parto, Maria si isola sotto una palma da datteri e soffre atrocemente tanto da desiderare di essere morta prima di quel momento. Una voce la consola esortandola a cibarsi di datteri freschi e a rinfrescarsi con l’acqua del vicino ruscello. Alcuni interpretano questa voce come angelica, altri come quella del neonato Gesù che evidenzia così la sua straordinarietà, ribadita poco dopo quando, appena entrati in casa, difende la madre dalle accuse dei parenti di aver disonorato se stessa e la famiglia dando alla luce un figlio illegittimo. Maria è donna devota per tutta la sua vita; attesta la veridicità della parola del suo Signore e per questo è posta fra le predilette di Allah insieme ad Asiya, moglie del faraone, che salvò Mosè dalle acque del Nilo, alla moglie di Zaccaria e a Fatima. Inoltre è l’unica donna inserita nella serie dei Profeti, come discendente di Adamo, Abramo, Noè, ‘Imrân. In tutto il Corano è quindi citata con grande rispetto ma nello stesso tempo sono frequenti i passi in cui si tende a ribadire l’errore dei cristiani che le attribuiscono qualità soprannaturali. L’Islam, preoccupato di non intaccare l’assolutezza di Allah, non tributa a Maria atti devozionali e non le conferisce alcun ruolo di intercessione o di intermediazione fra l’uomo e il suo Signore. Tali atteggiamenti sono riscontrabili solo in alcuni gruppi marginali facenti capo all’Islam sciita, ove Maria viene inserita in pratiche devozionali accanto a Fatima, la figlia prediletta di Muhammad, e ai due figli di questa. In ambito sunnita i modelli femminili sono piuttosto le due mogli del Profeta, ‘A’isha e Khadîja. Tuttavia Maria conosce la venerazione popolare anche in certe regioni, ad esempio nei santuari di Algeri e di Efeso i musulmani si recano a venerare l’immagine della Vergine accanto ai cristiani.