L’ordine dei Carmelitani Scalzi
Il nome
Il nome dell’Ordine non deriva da un santo, come quello dell’Ordine Francescano che trae il nome da san Francesco. L’Ordine trae il nome dal Carmelo, che è un monte dell’Alta Galilea, una regione dello Stato di Israele.
Oggi l’Ordine si compone di due famiglie: l’Ordine Carmelitano (O.Carm.) e l’Ordine dei Carmelitani Scalzi (O.C.D.), che in un preciso momento storico si è scisso dal ceppo primitivo. Nei documenti ufficiali l’Ordine dei Carmelitani Scalzi è detto “Ordine dei Fratelli Scalzi della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”.
Significato del nome
Nella Bibbia, la parola Carmelo ricorre circa 43/44 volte ma con significati diversi. La si trova come nome “comune” per significare “giardino”, inteso come luogo dove cresce “abbondante vegetazione naturale”, cioè non coltivata né da Dio né dagli uomini (cfr Is 32, 15-16). Sempre nella Bibbia la stessa parola “Carmelo” è usata anche come nome “proprio” per indicare “Il Monte” per eccellenza. La parola “Carmelo” significa inoltre il colore rosso: il rosso “carminio” (cfr Cantico dei Cantici 7, 5-6). Infine, “Carmelo” vuol dire anche “chicco” di frumento o di orzo non duro, non ancora maturo (Lv 2, 14; 23, 14; 2 Re 4, 42).
Luogo di nascita
Wadi ‘ain es-Siah, presso la fonte detta “di Elia”, sul Carmelo, un monte dell’Alta Galilea, regione dello Stato di Israele. Più che un monte, il Carmelo è un complesso di colline e valli che si estende per circa 150 kmq di superficie. L’altezza massima misura circa 550 metri (Muhraqah = il Sacrificio).
Data di nascita
Verso la fine del XII secolo, quando un gruppo di laici pellegrini in Terra Santa decise di ritirarsi in preghiera eremitica sulle pendici del Monte Carmelo.
Genealogia
I Carmelitani appaiono senza genealogia. Infatti dei Carmelitani si può dire ciò che la Bibbia scrive del profeta Elia, il quale irruppe improvviso e già adulto nella storia di Israele, senza che di lui si conoscano né padre, né madre, né infanzia, né giovinezza, né di quale lavoro si occupasse. Di lui ci è detto soltanto il luogo di provenienza che è Tisbe. I Carmelitani si ritengono però figli ed eredi spirituali di Elia il Tisbita, abitatore del Carmelo, e di Maria di Nazareth, la madre di Gesù.
La Regola del Carmelo
Viene scritta tra il 1206 e il 1214, da Alberto Patriarca di Gerusalemme. Egli è il Legislatore dell’Ordine. La Norma di vita dei Carmelitani fu approvata definitivamente come vera e propria Regola del Carmelo da Innocenzo IV nel 1247.
La Regola del CarmeloTitoli particolari
I Carmelitani si ritengono discendenti del profeta Elia, figli di profeti e fratelli e sorelle della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.
Storia dell’Ordine
Il sorgere dell’Ordine Carmelitano si riallaccia ad un gruppo di fedeli cristiani (penitenti, pellegrini) che, provenendo dall’Europa – e quindi latini – in linea con la “peregrinatio hierosolymitana” allora in voga, si stabilirono al Monte Carmelo più o meno nel periodo della terza crociata, 1189-1192. Essendo in atto l’occupazione dei Saraceni, che tra l’altro avevano conquistato Gerusalemme, i pellegrini che giungevano in Terra Santa dovevano trovare dei luoghi sicuri. È questo uno dei motivi per la scelta di dimorare sul monte Carmelo, appartenente al Regno Latino e protetto da fortilizi militari. Il monte Carmelo è l’ultima parte di una catena montuosa in Terra Santa, oggi Israele.
Probabilmente si trattava di reduci dalle crociate. Si chiamarono “Eremiti del Carmelo” (o “Eremiti Latini”) e si situarono sulla principale via di pellegrinaggio che conduceva da Akko a Cesarea. Abbiamo una testimonianza diretta già all’inizio del XIII sec. in un opuscolo sugli itinerari e pellegrinaggi in Terra Santa: un anonimo pellegrino ci parla di una “molto bella e piccola chiesa di nostra Signora” che gli eremiti latini, chiamati “Fratelli del Carmelo” avevano nel Wadi ‘ain es-Siah.
Le Tradizioni dell’Ordine del Carmelo riferiscono che i solitari i quali vissero sul sacro monte, anche prima del cristianesimo, dedicarono un vero culto a colei che doveva generare il Messia. Ci assicurano che nel giorno della Pentecoste molti di essi ricevettero lo Spirito Santo, che avendo avuto in seguito il modo di gustare le conversazioni e la familiarità della Beata Vergine, le portarono una venerazione e un amore del tutto speciali, e infine che ebbero la gioia di dedicarle la prima cappella costruita in suo onore, nel punto stesso in cui Elia l’aveva vista un giorno sotto il simbolo della piccola nube. È dunque fin dalla nascita che il Carmelo si è rivolto verso la Ss. Vergine, e il vecchio libro intitolato “l’Istituzione dei primi monaci”, anche attraverso inesattezze storiche, ci mostra l’Ordine dominato dalle due grandi figure che incarnano il suo ideale, ciascuna al suo posto: Elia e la Vergine Maria. Maria è per essi la pienezza raggiante della vita contemplativa, il modello del perfetto servizio reso al Signore e della completa sottomissione ai suoi voleri. Ed è appunto per affermare la loro devozione riguardo alla Vergine che i carmelitani vogliono essere chiamati i “Fratelli della Vergine”.
Il passaggio in Occidente
Il loro arrivo in Europa risale al 1235, anno in cui due religiosi ottennero il permesso di fondare una casa a Valencienne, in Francia. S. Luigi, re di Francia, domandò nel 1245 al Priore del Monte Carmelo sei religiosi e diede loro una casa vicino a Parigi. Fu allora il momento di richiedere una superiore approvazione della Regola, che i Carmelitani ottennero da Papa Onorio III (30 gennaio 1226), riconfermata da Papa Gregorio IX (1229).
Intanto la Terra Santa veniva progressivamente rioccupata dai Musulmani e l’esodo dei Carmelitani verso l’Europa, i loro paesi d’origine, fu quasi totale. Qui dovettero adattarsi a nuove condizioni di vita; si riavvicinarono alle città, si profilò una certa vita comunitaria. Si rivolgono questa volta al Papa Innocenzo IV, per adattare la Regola alla nuova situazione culturale e sociale: da eremita, l’Ordine si trasforma in mendicante, sull’esempio dei Francescani e Domenicani, passando così dall’eremo al convento. Il primo ottobre 1247, Papa Innocenzo IV pubblicò la Regola Modificata dei Carmelitani. L’architettura primitiva subisce qualche ritocco importante, ma resta l'”ispirazione primitiva”.
Il passaggio in Occidente non fu affatto facile per l’Ordine: il gruppetto di questi eremiti transfughi dalla Terra Santa, poi trasformatisi in frati, fu visto all’inizio con una certa diffidenza. Non abbiamo qui la possibilità né il tempo di riassumere le tante traversie, basti dire che l’Ordine rischiò in diversi momenti di essere soppresso dall’autorità ecclesiastica. Questo però non avvenne grazie soprattutto alla grandissima diffusione che la spiritualità carmelitana ebbe ben presto soprattutto fra i laici.
Profilo Spirituale
“Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron” (Is 35,2).
Dire monte Carmelo è dire devozione mariana, santuario della Madonna, scapolare, evocazioni bibliche di Elia. Tutti hanno sentito parlare di questo monte, ma certamente non tutti avranno un’idea della sua situazione geografica, delle sue dimensioni, della sua bellezza. È quello che ora ci proponiamo di fare, con lo scopo che i lettori, siano o non siano stati in Terra Santa, possano avere una informazione e un concetto su questo monte, estremamente bello, citato spesso nell’Antico Testamento. La parola Carmelo in ebraico significa “vigna di Dio”.
Quando lo Sposo del Cantico dei Cantici vuole esprimere la bellezza della sua Sposa, non crede di poterla celebrare meglio se non dicendo che il suo capo è bello come il Carmelo: Caput tuum ut Carmelus. Quando Isaia vuole rappresentarci lo splendore e la maestà del futuro Messia, ce lo dipinge circondato dalla gloria del Libano e rivestito di tutte le bellezze del Carmelo: Gloria Libani data est ei, decor Carmeli et Saron. Di questo monte egli vuole ancora mostrarci la più alta stima quando aggiunge che la giustizia abiterà nella solitudine e che la santit&agrace; regnerà sul Carmelo: Habitabit in solitudine iudicium, et iustitia in Carmelo sedebit. Infine Dio stesso per bocca d’un altro Profeta mette il colmo all’elogio chiamando il Carmelo sua terra e sua eredità: Terram meam, hereditatem meam, e a Gerusalemme egli fa questa promessa: “Nel giorno del mio amore, ti ho introdotta dall’Egitto nella terra del Carmelo”, come se quel solo nome riassumesse ai suoi occhi tutti i beni di cui vuole arricchire il suo popolo, cioè la Chiesa e ciascuna delle anime nostre.
Biblicamente il Carmelo è citato nei libri storici e poetici, dove vengono messe in risalto la sua bellezza e la sua ricchezza, sempre giovani. Nel Nuovo Testamento non vi si accenna mai. La figura biblica che domina la storia di questo monte è il profeta Elia (1 Re 18) con il famoso sacrificio dei profeti di Baal e la visione della nuvoletta che saliva dal mare. Anche Eliseo soggiornava spesso sul Carmelo e proprio lì andò a cercarlo la donna sunammita per condurlo con sé, dopo la morte di suo figlio, che venne risuscitato dal profeta (2 Re 4).
I pellegrini antichi (tra cui Beniamino di Tudela) parlano di dodici pietre disposte a forma di cerchio: pensavano fosse l’altare di Elia eretto al momento del sacrificio, ma probabilmente si trattava dei resti di un antico santuario cananeo dedicato a Baal. La visione della nuvoletta fu sufficiente a Elia per scoprirvi la fine di una lunga carestia di tre anni e mezzo: quella nuvoletta infatti diventò poi un cielo plumbeo di nubi che scatenò una dirottissima pioggia. I Padri della Chiesa videro in questa nuvoletta la figura di Maria, origine umana del Salvatore, che è la vera pioggia della salvezza degli uomini, desiderata da Isaia: “Stillate, cielo, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia” (Is 45,8).
Nel periodo bizantino (sec. IV-VII) vi fu sul Carmelo una grande fioritura di eremiti, cenobiti e monaci, attratti dall’esempio di Elia. Nel medioevo, al tempo dei Crociati, il monte Carmelo si ripopolò ancora di monaci e vi si originò l’ordine carmelitano che tanta gloria avrebbe dato a Dio. Nel sec. XVIII si costruì una bella chiesa sopra la cosiddetta grotta di Elia che è l’attuale santuario detto “Stella Maris”, visitato ogni anno da migliaia di pellegrini, non solo cristiani ma anche musulmani. Così il Carmelo, con la sua vita rigogliosa e i suoi ricordi biblici, offre anche ai nostri giorni spazio alla vita spirituale all’ombra della Madonna.
In molte religioni il monte viene considerato come il punto in cui il cielo incontra la terra. Molti paesi hanno il loro monte santo, dove abitano gli dei, da dove viene la salvezza. Anche la Bibbia conserva queste credenze e le purifica: Jahve è adorato come il Dio dei monti e delle valli (El-Shaddaj in ebraico). Alcuni monti nell’A.T. furono riservati ad una funzione duratura e gloriosa: pensiamo al monte di Dio, l’Horeb, luogo della rivelazione, luogo della legge; pensiamo al monte Sion, ombelico del mondo, come lo definisce il profeta Ezechiele. E pensiamo quindi al Monte Carmelo, luogo della predicazione del più celebre fra i profeti, Elia, e del suo discepolo, Eliseo.
“Carmelo” vuol dire il giardino fiorito di Dio, e come un giardino doveva davvero apparire a chi vi giungeva dopo aver attraversato il deserto, o a chi giungeva in Palestina provenendo dal mare. Il Carmelo è il luogo della vicenda biblica del profeta Elia. In un momento di grande confusione politica e religiosa della storia di Israele, Elia rappresenta un sicuro punto di riferimento. È colui che restaura l’alleanza con Dio contro il culto dilagante di Baal; è il profeta che manifesta l’intervento strepitoso di Dio sul Carmelo: prima il fuoco che brucia il sacrificio, poi l’acqua, la nuvoletta, “come una mano d’uomo” che sale dal mare e porta la pioggia a dirotto. La vicenda di Elia possiamo leggerla nel Primo Libro dei Re. Nella tradizione biblica Elia è il profeta simile al fuoco: leggiamo nel Siracide (48,1):
“Sorse il profeta Elia come un fuoco, / la sua parola bruciava come fiaccola (…)
Come ti rendesti famoso, Elia, con i prodigi! / E chi può vantarsi di esserti uguale? (…)
Fosti assunto in un turbine di fuoco / su un carro di cavalli di fuoco designato a rimproverare i tempi futuri”.
Ma oltre ad essere il profeta del fuoco, Elia è colui che incontra Dio nel silenzio e nella preghiera: (1 Re 19, 11-14): “Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto col mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco udì una voce che gli diceva: “Che fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo, per il Signore Dio degli eserciti?”.